Il gip di Roma ha disposto l’imputazione coatta per il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, indagato per rivelazione di segreto d’ufficio in relazione al cosiddetto caso Cospito, l’anarchico detenuto al 41-bis. Per il giudice in particolare sussiste sia l’elemento oggettivo che quello soggettivo del reato. La Procura di Roma, che ora dovrà formulare un nuovo capo di imputazione, aveva chiesto l’archiviazione per Delmastro ritenendo l’esistenza oggettiva della violazione ma che non ci fossero prove sull’elemento soggettivo, ovvero che fosse consapevole dell’esistenza del segreto. La vicenda riguarda i colloqui dell’anarchico Cospito che furono rivelati nell’Aula della Camera dal deputato di FdI Giovanni Donzelli. Secondo i pm quei colloqui erano contenuti in un atto segreto, ma Delmastro, nel parlarne con Donzelli, non ha commesso reati. Il motivo? Il deputato di Fratelli d’Italia, che è anche avvocato penalista, secondo i magistrati capitolini non conosceva la natura di quegli atti. Nei giorni scorsi si è tenuta l’udienza preliminare, nel corso della quale le parti hanno discusso. Il giudice si era riservato. Alla fine però la richiesta di archiviazione dei pm non è stata accolta dal gip che ora ha chiesto un’imputazione coatta.

Il caso di cui si parla ha avuto origine il 31 gennaio scorso quando Donzelli, per attaccare alcuni deputati del Pd che in quei giorni erano andati a far visita all’anarchico, riporta nell’aula della Camera una serie di conversazioni tra Cospito e alcuni detenuti come lui al 41-bis. Come quella del 12 gennaio 2023 con Francesco Di Maio del clan dei Casalesi, che all’anarchico diceva: “Pezzetto dopo pezzetto si arriverà al risultato”, ossia l’abolizione del 41-bis. E Cospito, allora in sciopero della fame, gli rispondeva: “Deve essere una lotta contro il regime 41-bis e contro l’ergastolo ostativo, non deve essere una lotta solo per me. Per me, noi al 41-bis, siamo tutti uguali”. Dopo aver riportato questi e altri colloqui sono piovute su Donzelli le critiche di quanti sostenevano che i documenti rivelati fossero segreti. Da subito si è saputo che a dargli quelle informazioni era stato il sottosegretario con delega al Dap (il Dipartimento dell’amministrazione giudiziaria) Delmastro, che di lì a poco, dopo un esposto di Angelo Bonelli (Verdi), è stato indagato dalla Procura di Roma per rivelazione di segreto. Sul caso è intervenuto più volte nel corso di question time anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il quale ha spiegato che l’atto citato da Donzelli è una scheda del Nic, il Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, “un appunto”, che “non rientra nella categoria degli atti classificati, né rileva o disvela contenuti sottoposti al segreto investigativo”.

Non sono d’accordo i magistrati. Nella loro richiesta di archiviazione nei confronti di Delmastro, i pm infatti riconoscono “l’esistenza oggettiva della violazione del segreto amministrativo”, ma ritengono che vi sia “assenza dell’elemento soggettivo del reato”, determinato da “un errore su legge extrapenale”. In altre parole la richiesta di archiviazione arriva perché manca l’elemento soggettivo, ossia la coscienza e la volontà del fatto. Che detta altrimenti vuol dire che secondo i magistrati Delmastro ha sbagliato a interpretare la normativa sul segreto amministrativo. Impostazione questa che non sembra esser stata condivisa dal Gip il quale ha disposto l’imputazione coatta. Il caso per Delmastro non è chiuso.

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