Metti la crema, spalma la crema, rimetti la crema. Lo sappiamo bene, i solari sono fondamentali per difendersi dagli effetti dannosi dell’esposizione al sole. Ma ci dobbiamo proteggere anche da qualcos’altro, che potrebbe essere all’interno di una comune crema solare. Tra gli ingredienti può trovarsi l’Ossibenzone, un filtro per raggi UV che desta preoccupazioni perché incriminato di interferire sul sistema endocrino umano e di alterare il normale funzionamento ed equilibrio ormonale, come segnalano l’Environmental Working Group e la Food and Drug Administration.

Trovarlo in una crema non è una possibilità recondita. Secondo una stima della EWG è in circa il 20% dei prodotti valutati. Come in una lotteria nera: vado a comprare un solare, ne scelgo uno dallo scaffale e ho 1 probabilità su 5 che possa contenere ossibenzone, un potenziale perturbatore del sistema endocrino e della regolazione di numerose funzioni fisiologiche fondamentali dell’organismo. Questo elemento viene assorbito infatti attraverso la pelle e può entrare nel flusso sanguigno accumulandosi nel corpo.

“Le sostanze chimiche per la protezione solare come l’ossibenzone pongono notevoli problemi di salute, ma l’industria continua a nascondere la testa sotto la sabbia”, ha dichiarato Scott Faber, vicepresidente senior e affari governativi dell’EWG. L’American Academy of Pediatrics (AAP) ha poi consigliato di non usare creme solari con ossibenzone sui bambini. Attenzione, dunque, a questa componente: meglio controllare che nell’elenco degli ingredienti di una crema solare non vi sia l’ossibenzone, indicato in vario modo e con le diciture oxybenzone, benzofenone-3 o BP-3. Questioni non di poco conto quindi, tanto che la FDA americana ha più volte richiesto ai produttori di creme solari di condurre studi sugli effetti dei filtri solari sulla salute umana e di affrontare la questione rispetto ai dubbi su 12 ingredienti, di cui l’ossibenzone è considerato quello più a rischio, come ha riportato il Washington Post nel 2019.

Questo perché? Gli studi attuali sono vari, ma su campioni umani limitati (e poco finanziati!). In linea teorica un produttore, prima di immettere una nuova sostanza chimica nel mercato internazionale, dovrebbe sovvenzionare ampie ricerche di laboratorio che verifichino da un lato l’impatto sulla salute umana e dall’altro quello ambientale. Purtroppo, poche volte questo avviene e nella maggior parte dei casi solo dopo molti anni si riesce a conoscere il livello di sicurezza di quell’ingrediente e gli eventuali effetti collaterali, che oramai potrebbero già aver preso piede tra le persone.

Tornando all’ossibenzone, è indispensabile poi ricordare che con un bagno al mare viene rilasciato in acqua dove non è inerte: agisce infatti sugli ecosistemi marini e in particolare, sulle barriere coralline. Essendo un contaminante marino e fototossico, porterebbe a uno sbiancamento dei coralli, con problematiche anche sui baby coralli. Le isole Hawaii e poi Key West nelle Florida Keys hanno vietato la vendita e l’applicazione di creme solari con ossibenzone, dato che rappresenta un pericolo per il futuro della barriera corallina e minaccia la resilienza di questa ai cambiamenti climatici, come evidenza la ricerca del 2015 “Effetti tossicopatologici del filtro UV per la protezione solare oxybenzone” firmato in primis da Downs ed Kramarsky-Winter.

E allora cosa fare? Le alternative non mancano se scartiamo i prodotti che hanno in etichetta questa sostanza. Il primo passo è scegliere dei solari ecobio certificati, a base di sostanze biodegradabili e contenenti filtri minerali non nano. Ma anche fare qualcosa di coraggioso e di anticonformista rispetto alle tante persone che amano rosolarsi al sole nelle ore più calde: stare all’ombra e indossare indumenti e cappelli per proteggersi dal sole può sembrare “cringe”, ma permette di salvaguardare adeguatamente il nostro organo più grande: la pelle.