In attesa dell’approvazione finale del Decreto lavoro, prevista a Montecitorio dopo il via libera già ottenuto dal governo Meloni sulla fiducia, le associazioni, i sindacati e le diverse realtà che hanno partecipato alla campagna Ci vuole un reddito sono tornate a contestare il provvedimento al Pantheon, a Roma. Presenti anche parlamentari di opposizione, del Partito democratico e di Alleanza Verdi Sinistra (assente il Movimento 5 stelle, che comunque ha aderito e appoggia l’iniziativa, rimasto in Aula alla Camera per le comunicazioni della presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo, ndr), per ribadire il sostegno alle associazioni. Le stesse forze hanno confermato l’accelerazione sul tavolo (con dentro Azione di Carlo Calenda, M5s, dem e Avs) che dovrà permettere l’adozione di un testo condiviso delle opposizioni sul salario minimo. “Puntiamo a chiudere entro venerdì“, spiega Franco Mari di Alleanza Verdi Sinistra. Un testo che “sarà pure una bandiera“, considerati i numeri in Aula e la contrarietà del governo, “ma una bandiera vera, che rappresenta comunque il primo atto unitario delle opposizioni. Un fatto politico rilevante“, precisa il deputato che ieri aveva partecipato al vertice con Cecilia Guerra e Arturo Scotto (Pd), Nunzia Catalfo e Valentina Barzotti (M5s), Carlo Calenda e Matteo Richetti (Azione) e il collega di Avs Tino Magni. “Stiamo lavorando in modo costruttivo, senza ideologie, non sarà una mediazione al ribasso“, promette.
Parole condivise anche da Marco Furfaro, responsabile Welfare del Pd: “Oggi doveva esserci qui anche Cecilia Guerra, ma è al lavoro per trovare un punto d’incontro finale tra le opposizioni”, spiega agli attivisti di ‘Ci vuole un Reddito’. Poi, precisa: “Sarà un compromesso al rialzo, che va incontro all’esigenza di introdurre un salario minimo legale, senza andare a danno della contrattazione collettiva. Anche dal punto di vista tecnico sarà migliorativo rispetto ai diversi disegni di legge presentati dai singoli partiti”. “Basta contratti pirata e subito legge sulla rappresentanza, basta con i finti sindacati che firmano contratti con remunerazioni bassissime. Anche tra noi opposizioni abbiamo posizioni diverse, ma noi insistiamo”, aggiunge Elisabetta Piccolotti di Avs. Convinta che andrebbe a vantaggio dei tanti lavoratori a cui vengono applicati accordi peggiorativi. Dato che, seppur gli stessi contratti leader in alcuni casi siano a loro volta molto “poveri”, in particolare nel settore dei servizi, le differenze in termini di retribuzione possono superare il 30%.
Sul salario minimo legale, invece, dai 9 euro lordi all’ora compresi buoni pasto e sanità integrativa proposti dai calendiani ai 10 sognati da Avs, con in mezzo i 9 euro comprensivi dei contributi proposti dal M5s e i 9,5 proposti da una parte del Pd, alla Camera sono depositate sei proposte di legge delle opposizioni che puntano a introdurre una “giusta retribuzione” o un salario minimo per aiutare gli almeno 3 milioni di working poor italiani.
Ora si punta a chiudere a breve l’intesa: “Avrà un significato politico enorme, dato che unirà le opposizioni. E spero che anche Italia Viva ci ripensi e non finisca per ammiccare alla destra o finirci alleata, come fatto in Molise. A volte i posizionamenti dovrebbero anche arretrare di fronte alle esigenze degli italiani”, attacca Furfaro. “Valuteremo il loro testo, ora ci aspettiamo fatti”, avvertono da ‘Ci vuole un Reddito’.
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