Fra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, la guardia di finanza intercetta contatti di altissimo livello tra i vertici di Atlantia e politici, parlamentari, lobbisti, uomini vicini al governo e ministri. Una tela intessuta per provare a scongiurare la revoca delle concessioni. Mentre sullo sfondo prende forma una trattativa, quella fra Cassa depositi e prestiti e Autostrade, dai contorni spesso poco chiari.

I rappresentanti della concessionaria sono spiazzati dall’atteggiamento del Movimento Cinque Stelle, che porta avanti pubblicamente la soluzione della revoca delle concessioni, e hanno difficoltà ad avviare contatti con la nuova ministra delle Infrastrutture del Pd Paola De Micheli, definita in modo sprezzante una “leggerona”.

In questo contesto, i rappresentanti di Atlantia rispolverano antichi rapporti, nel centrodestra e nel centrosinistra, e guardano con fiducia all’ingresso nel Conte II di Matteo Renzi e Italia Viva. Dopo timide aperture, tuttavia, le cose sembrano mettersi nuovamente male dopo il crollo della galleria Bertè, sulla A26, il 30 dicembre del 2020: “Pensa che Marcucci doveva incontrarci, Marcucci è pd. Ha trasformato l’incontro in una call… non ce vogliono vedè».

È il 3 gennaio del 2020, a parlare, in questo audio inedito intercettato dalla Guardia di Finanza, sono Fabio Cerchiai, presidente di Atlantia, e Gianni Mion, amministratore di Edizione, la cassaforte della famiglia Benetton. Il riferimento è ad Andrea Marcucci, senatore Dem, considerato molto vicino a Matteo Renzi. Gianni Mion, suo interlocutore in questa telefonata, non sembra stupito: “Chiaro, non vogliono essere accusati…”.

Marcucci non è l’unico a defilarsi: “La Bellanova (Teresa, Italia Viva, ministro delle politiche agricole), che era disponibile, ora prende tempo…” prosegue Cerchiai. “C’è proprio un clima che si è venuto a determinare con ’sta cazzo di galleria…”.

Mion: “Ma sai, sono anche preoccupati…quella parte là è preoccupata per i mancati controlli eh…”. Cerchiai: “Sai, la preoccupazione dei mancati controlli (…) è giusta…in realtà i controlli li dovrebbe fare il Ministero…”. Mion: “Quello è il problema, per questo sono preoccupati […] Marcucci è chiaramente preoccupato…e così anche Renzi…”. Cerchiai ride.

Mion: “Sono molto preoccupati per quello […] Tutto il Pd è in questa situazione eh, Renzi compreso…Loro sanno che non hanno fatto, no?”.

Il riferimento in questo caso è ai controlli del ministero delle Infrastrutture: in teoria il Ministero avrebbe dovuto controllare la concessionaria, nei fatti si affidava al buon cuore del privato. Nel caso del Ponte Morandi, il grande sorvegliato speciale dei viadotti italiani, per oltre trent’anni il Mit non ha mai chiesto nemmeno di visionare i rapporti sulla sicurezza eseguiti da Spea, la società di monitoraggio che, in pieno conflitti di interessi, era controllata da Autostrade per l’Italia.

Non solo. Secondo quanto riferito dall’ex ministro Antonio Di Pietro alla Procura di Genova, nessuno dei suoi successori avrebbe mai messo in condizioni di funzionare la Dvgca, la divisione ministeriale preposta ai controlli, lasciata priva di mezzi e di competenze, e dunque nell’impossibilità di esercitare alcun tipo di controllo.

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