Il governo tedesco, dopo lunghe liti interne, ha approvato una modifica della legge sulla tutela del clima (Klimaschutzgesetz) con cui i Verdi ancora una volta hanno ceduto ai partner dell’esecutivo. Era nata nel 2019 ed era stata modificata solo tre anni e mezzo fa nell’agosto 2021. Una modifica che arriva dopo giornate difficili con grandinate, piogge e venti che hanno provocato migliaia di interventi dei pompieri, nonché interruzioni del traffico ferroviario ed aereo.

I limiti della modifica e il rischio di mancare gli obiettivi – Verranno adesso meno obblighi annuali vincolanti alle emissioni di CO2 nei singoli settori (energia, industria, traffico, edilizia, agricoltura e gestione dei rifiuti), che imponevano in caso di ritardi ai dicasteri responsabili di presentare piani di intervento rapido, purché il tetto venga osservato complessivamente con risparmi negli altri. I ministeri dell’Edilizia e soprattutto quello dei trasporti avrebbero dovuto presentare dei rimedi entro metà luglio, adesso avranno tempo due anni. Approfitterà della modifica soprattutto il titolare dei Trasporti Volker Wissing (FDP), che ha argomentato che gli effetti della diffusione di auto elettriche si vedranno solo tra qualche anno. Secondo dati citati dalla ZdF, nel 2022 la Germania ha emesso circa 746 milioni di tonnellate di gas serra, di cui circa 9 milioni in eccedenza ascrivibili al traffico. Nel 2030 dovrebbe arrivare al massimo a 440 milioni di tonnellate, ma senza interventi il traguardo potrebbe venire mancato di circa 200 milioni di tonnellate.

La nuova legge presenta invero diverse misure concordate di riduzione delle emissioni, ma per ammissione dello stesso governo non saranno sufficienti da sole a garantire i traguardi fissati per il 2030 di ridurre i gas serra del 65% rispetto al 1990. Per 41 associazioni ambientaliste d’altronde non è possibile riuscirci senza traguardi vincolanti e l’applicazione di correttivi immediati nei settori che non li rispettano. Il venire meno di una responsabilità settoriale finirà per coprire l’inattività politica. Persino il portavoce per le politiche climatiche dell’Unione democristiana Andreas Jung (Cdu), citato dalla ZdF, afferma che “il semaforo” indebolisce la legge di tutela del clima.

Cosa succede nel resto d’Europa – Con l’accordo a cambiare la legge ha vinto invece la corrente di pensiero che imporre misure affrettate sia mero azionismo che costa più dei vantaggi, mentre più efficace è il passaggio progressivo a soluzioni tecniche di lungo respiro. Di questo avviso si è dichiarata alla ARD anche Karen Pittel, ricercatrice di economia dell’Istituto ifo di Monaco, facendo come esempio la trasformazione all’impiego di idrogeno nell’industria siderurgica. Anche in Gran Bretagna, Svezia e Finlandia il legislatore impone il tetto di riduzione delle emissioni, da raggiungere entro il 2030 o il 2050, senza rigidi vincoli settoriali e pure l’Unione Europea nella sua direttiva sul clima, nonostante vincoli rigidi, ha rinunciato ad imporre tetti settoriali precisi ai singoli Stati.

Le misure – Il nuovo programma tedesco riassume dunque ora tutte insieme, in 28 pagine, misure prese e già concordate: l’accelerazione nello sviluppo delle energie rinnovabili, l’ampliamento della rete elettrica, un allevamento più eco-compatibile, investimenti nelle ferrovie, il biglietto nazionale per i trasporti pubblici e anche la legge sui riscaldamenti e l’aumento del supplemento per la CO2 nel pedaggio per i mezzi pesanti che devono ancora passare al Parlamento. Il ministro per l’Economia e clima Robert Habeck (Verdi) ha fatto approvare la modifica al suo partito, affermando che i vuoti ereditati dalla grossa coalizione (CDU/CSU e SPD) possono così essere chiusi “dal 70 all’80%”, non nascondendo dunque che non si azzereranno, sottolineando però che “per la prima volta è diventato possibile mantenere traguardi di tutela climatica”. D’altronde i traguardi fissati dalla coalizione restano ambiziosi, già oggi la corrente elettrica per circa la metà proviene da fonti rinnovabili e Berlino intende triplicare il ritmo della loro espansione; vuole investire miliardi nelle trasformazioni, non ultimo per favorire la conversione industriale all’idrogeno. Il dibattito acceso sulla legge per i riscaldamenti ha evidenziato d’altro canto come i cittadini possano sentirsi oberati ed Habeck ha scongiurato un nuovo scontro sul traffico.

Le imprese impreparate contro i danni del cambiamento climatico – Un’indagine della banca tedesca degli investimenti KfW ha d’altronde registrato che solo il 14% delle aziende, una su sette, si sta attrezzando per il riscaldamento terrestre con interventi quali schermi al calore, o bacini contro gli allagamenti. Anche se l’indagine, condotta nel 2022 su quasi 11mila aziende, ha riscontrato che i grossi gruppi hanno maggiore coscienza del problema e quasi il 57% lo ha affrontato. Il 15% delle aziende si vede peraltro già colpita dalle conseguenze del cambiamento climatico – e di queste il 44% sono grandi imprese – e il 25% teme che ne subirà gli effetti con disagi nelle catene di approvvigionamento (perdite di raccolti, mancanza di acqua di raffreddamento, o difficoltà al trasporto fluviale). Studi presentati a marzo dai ministeri dell’Ambiente e dell’Economia e clima stimano che dal cambiamento climatico entro metà secolo potrebbero scaturire danni per 900 miliardi. L’assunzione di misure adeguate li ridurrebbe sensibilmente, escludendoli del tutto in caso di un aumento contenuto delle temperature, e contenendoli altrimenti tra 110 e 350 miliardi.

L’accordo di Parigi e l’assegna di impegni vincolanti – Con l’Accordo di Parigi del 2015 si è fissato di mantenere l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi rispetto al periodo preindustriale 1850-1900. Considerati che tra il 2011 ed il 2020 le temperature sono già salite di 1,1 gradi, il traguardo è ritenuto quasi irraggiungibile senza interventi, ed il limite di 1,5 gradi sarà già superato nel 2030. Modelli fanno temere che altrimenti alla fine del secolo la Terra sarà più calda di 2,8 gradi con allagamenti, siccità, crisi alimentari e carenza d’acqua potabile. Per due giorni una Conferenza su clima e finanziamenti ha coinvolto di nuovo a Parigi 40 capi di governo, organizzazioni e banche per lo sviluppo e si è conclusa venerdì indicando traguardi nobili, ma senza nuovi impegni vincolanti.

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