Il sindaco di Londra Sadiq Khan lo esprime nel modo più semplice: Thank you. Un grazie a tutti i cittadini europei che hanno deciso di rimanere nella capitale britannica nonostante le barriere che rendono più difficile lavorare, studiare e viaggiare in Regno Unito. Una video lettera inviata su Youtube, rivolta da Khan ai 1,1 milioni di europei che chiamano Londra casa, marca l’anniversario dei sette anni dallo storico referendum sulla Brexit. Quel 23 giugno 2016, un giorno doloroso – lo definisce il sindaco della città più europeista dell’isola- che ‘ha provocato immensi danni alla nostra città’ e vede i cittadini europei nell’incertezza del Settled Status (le procedure per ottenere la residenza permanente, anche per chi vive sull’isola da decenni), usati come moneta di scambio nella negoziazione con Bruxelles’.

Vietate le bandiere della UE – Al posto delle sette candeline, il primo cittadino londinese ha acceso le luci di City Hall nei colori giallo e blu dell’Unione Europea, un gesto di solidarietà per gli europei che oggi si sentono ‘altri’ ha spiegato Khan svelando però che le sue intenzioni sarebbero state altre: “Avremmo voluto sventolare bandiere blu a stelle gialle così come facciamo con altre che usiamo per rimarcare ad esempio l’arcobaleno del Pride o per dare un tributo a paesi colpiti da tragedie. Il mio ufficio è stato però minacciato di azione legale e così abbiamo scoperto che lo scorso anno è stata modificata la legge che ora vieta di ammainare le bandiere della UE sugli edifici pubblici a meno che non si siano ottenute delle autorizzazioni speciali” ha spiegato Khan.

Non è rimuovere una bandiera però che può nascondere un dato di fatto: se quel fatidico referendum sulla Brexit si ripetesse oggi, il Regno Unito sarebbe ancora nell’Unione Europea: da un sondaggio del Tony Blair Institute rivela che il 56% dei britannici sostiene ora che il divorzio sia stato un errore, solo per il 32% è stata la decisione giusta (era il 52% nel 2016) mentre ben il 58.2% vorrebbe rientrare nell’unione, compreso un terzo dei famigerati leaver che adesso vorrebbero riaderire al mercato unico.

Una crisi nella crisi – Per Brexit è crisi del settimo anno, a pochi mesi dalle elezioni politiche. Una spada di dDmocle su Rishi Sunak, quinto premier che da allora si è succeduto a Downing Street, a cercare di parare le reazioni innescate dalla Brexit, come le fratture all’interno del partito conservatore, e soprattutto le spinte economiche verso la recessione. Sul mondo intero si sono abbattuti Covid, la guerra in Ucraina, la crisi energetica e il carovita ma il Regno Unito è ora il fanalino di coda del G7 stretto tra l’impennata dell’inflazione ancora fuori controllo, e ora un nuovo rapporto che evidenzia come proprio la Brexit abbia fiaccato il pil del 4%, ridotto la manodopera, contratto gli investimenti del 11% e danneggiato i commerci con l’europa del 7% per un deficit di 92 miliardi di sterline.

Il rapporto diffuso in occasione del settimo anniversario del referendum arriva dal Governo della Scozia, dove il 62% aveva votato per restare nella Ue e dove ora il partito alla guida, lo Scottish National Party, preme sull’indipendenza da Londra per riconquistarsi l’opzione di riaderire come membro. Si tratta di una raccolta di analisi di diversi centri di statistica nazionale che quantificano anche l’impatto della Brexit sulle vite dei consumatori, con circa 250 sterline in più all’anno per la spesa e un 25% di rincari di cibo e bevande tra il Dicembre 2019 e Marzo di quest’anno. Un terzo di questi rincari sarebbe dovuti alla Brexit che grava sulle famiglie per circa 7 miliardi di sterline di costi per le barriere commerciali all’importazione dei prodotti comunitari.

Non si torna indietro – La squadra di Sunak inghiotte il rospo pur di pronunciare la parola Brexit ma sta lavorando velatamente per placare i brixietieri della linea dura e arrivare a posizioni più concilianti con Bruxelles. Su una cosa però maggioranza e opposizione sembrano concordi: dalla Brexit non si torna indietro. Keir Starmer, leader dei laburisti, ormai dato per nuovo primo ministro, chiude ad un nuovo referendum o al ritorno ad unione doganale e alla libera circolazione delle persone, anche se dal suo partito si fanno sempre più sentire le voci di chi vorrebbe maggiore convergenza nelle politiche comunitarie su commerci, visa e collaborazioni culturali e scientifiche. “Brexit non sta funzionando, dobbiamo scegliere se vogliamo avvicinarci o divergere dai nostri vicini più prossimi, un mercato di 500 milioni di persone” dice il sindaco laburista di Londra Sadiq Khan che con il rinnovato ’impegno verso i cittadini europei sembra far partire la campagna elettorale verso le elezioni a City Hall a maggio 2024.

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