di Giorgia Ceccarelli*

Con il voto di inizio giugno al Parlamento europeo si è avviato ufficialmente il processo che, entro la fine dell’anno, porterà ad una nuova Direttiva relativa al dovere di diligenza (due diligence) delle imprese in materia di diritti umani e ambientali. Sulla carta si tratta di un importante passo in avanti, tuttavia c’è ancora molta strada da fare.

Le imprese saranno responsabili dei danni causati a persone, comunità e ambiente, ma alle vittime spetta dimostrare il danno subito

La misura dovrebbe rendere finalmente le imprese legalmente responsabili dei danni causati sia direttamente, nell’ambito delle proprie attività, che lungo tutta la catena di produzione, obbligandole a valutare i rischi e a prevenire, mitigare e rimediare ogni possibile impatto negativo. Un obiettivo tra l’altro in linea con il Green Deal europeo, che punta ad aggiungere miglioramenti non solo all’interno dell’Unione ma anche al di là dei suoi confini.

Dopo mesi di negoziazioni, il testo uscito dal Parlamento europeo segna progressi rispetto alle precedenti proposte della Commissione e del Consiglio. In particolare viene esteso l’ambito di applicazione della normativa ad un numero maggiore di aziende – benché le stime indichino ancora che solo un 2% delle imprese europee sarebbe coinvolto – richiedendo di rivedere il proprio modello di business per garantire un reddito o salario “dignitoso” a tutta la forza lavoro impiegata nell’intera catena del valore.

Tuttavia il voto, frutto di un difficile compromesso politico, non garantisce un pieno accesso alla giustizia delle vittime. Ancora oggi, infatti, l’onere di provare i danni e le violazioni è a carico delle persone o comunità che le hanno subite, contrastando il concetto stesso di due diligence, definito come il processo attraverso cui le imprese gestiscono proattivamente gli impatti negativi potenziali ed effettivi sui diritti umani.

La normativa cui si giungerà in Ue sarà con tutta probabilità deludente, ma rappresenterà senza dubbio un primo passo per configurare regole comuni di un gioco a cui tutte le imprese dovrebbero aderire. Perché è certo che per vincere la sfida della sostenibilità non è più sufficiente l’approccio volontario delle singole aziende, ma è necessario dotarsi di strumenti di valutazione e prevenzione di qualsiasi violazione dei diritti umani.

Un’indagine per fotografare l’impegno delle aziende italiane nella tutela dei diritti umani

Ma qual è oggi l’approccio delle aziende italiane verso la tutela dei diritti umani? Ebbene secondo un sondaggio condotto da Oxfam e Collectibus tra 77 imprese di diverse settori – presentato oggi nel corso di un webinar – quasi un terzo delle aziende del nostro Paese non presta sufficiente attenzione al rischio di violazioni legate alla propria attività. Sebbene infatti il 70% si dichiari particolarmente attento al tema, non si ha ancora piena contezza delle risorse impiegate, dei metodi utilizzati per l’analisi, delle politiche e pratiche adottate lungo la filiera di produzione.

Appena il 12% delle aziende intervistate dichiara di aver adottato strumenti e processi di due diligence e solo il 26% ha una policy aggiornata in termini di diritti umani. Un dato rischioso riguarda la funzione aziendale preposta ad occuparsi del tema: per il 61% dei rispondenti sono le risorse umane che se ne occupano, mentre solo l’1% ha indicato il dipartimento acquisti. Dati che lasciano intendere quanto l’ambito di applicazione sia ancora limitato al perimetro aziendale interno e quanto poco si consideri il rischio di violare i diritti umani nell’ambito delle proprie filiere.

Tuttavia sempre dall’indagine risulta evidente quanto molte aziende sentano la necessità di informazione, formazione, sensibilizzazione dei dipendenti e del management in tema di diritti umani (41%), oltre che di un supporto specializzato (27%) per governare al meglio una materia di cui hanno compreso l’importanza, ma che non riescono ancora a gestire in modo strutturato.

Come Oxfam siamo da tempo impegnati nell’accompagnare le imprese verso una sempre maggiore sostenibilità sociale con la promozione e l’utilizzo di strumenti universalmente riconosciuti ed applicabili. Un obiettivo che oggi più che mai si rende necessario, per contribuire alla costruzione di un mondo meno disuguale.

*policy advisor di Oxfam Italia su Business and Human Rights

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