Nei giorni scorsi, il premier ucraino Zelensky, commentando l’andamento della lungamente annunciata controffensiva, ha annunciato: “Stiamo avanzando”. Si tratta di una bugia, l’ennesima di una guerra che è combattuta nei media, per orientare le opinioni pubbliche, quando nei campi di battaglia.

In realtà l’esercito ucraino, dopo oltre due settimane di offensiva generale e quasi 300 azioni di attacco, non sta avanzando. L’unico effetto significativo ottenuto è l’inutile morte di migliaia e migliaia di soldati ucraini mandati al macello. Pare di essere tornati alla Prima guerra mondiale quando i fanti venivano obbligati a caricare nella terra di nessuno e venivano regolarmente falciati dal fuoco delle mitragliatrici prima di arrivare alla prima linea avversaria. Oppure, se provavano a tornare indietro, rifiutandosi di avanzare verso il piombo nemico, venivano uccisi dai reparti di carabinieri che erano preposti a garantire il rispetto della disciplina.

In uno scenario reso assai diverso dall’utilizzo delle moderne tecnologie e dai moderni sistemi d’arma quanto avviene alla frontiera del Donbass è esattamente questo: truppe di poveri soldati ucraini, sovente arruolati a forza – in particolare tra le minoranze nazionali – che vengono usati come carne da cannone in una suicida offensiva priva di prospettive. Da cosa si capisce tutti i combattimenti sono avvenuti fino ad ora nella “terra di nessuno” e non sono mai arrivati a toccare le prime linee fortificate russe. Se questo non è un orrendo massacro premeditato io non so come definirlo. Capisco si possa provare una volta, due, dieci, ma come si può andare avanti per giorni a fare centinaia di volte gli stessi attacchi suicidi?

L’unica arma che è rimasta in mano ai generali della Nato che dirigono le operazioni è quella di utilizzare, nei prossimi giorni, il letto disseccato del Dnepr, in quella parte disseccata in seguito all’attentato terroristico alla diga di Kakhovka. In questa parte di confine, lunga un paio di centinaia di chilometri, infatti i russi non avevano messo campi minati e non avevano linee di difesa per il banale motivo che quella zona era un lago. Vedremo cosa succederà quando le truppe ucraine agli ordini della Nato attueranno anche questa offensiva ma a me la situazione pare piuttosto chiara: sul terreno, le truppe ucraine non hanno alcuna possibilità di vincere la guerra di posizione con la Russia a causa della disparità di forze in campo sul piano militare e logistico.

La domanda allora diventa: perché continuare questo assurdo macello che sta massacrando il popolo ucraino? Perché far finta che stiamo vincendo quando è vero il contrario? Non sarebbe necessario – anche solo per ragioni di real politik – riprendere le trattative con la Russia in modo da trovare un compromesso – che le trattative avviate all’inizio del conflitto pare avessero raggiunto – e smetterla con questo assurda ed inutile carneficina? Quanto vuole continuare la Nato in questa guerra per procura contro la Russia che sta decimando il popolo ucraino con la compiacenza del suo presidente Zelensky?

La risposta forse sta in una affermazione di Biden, anch’essa di alcuni giorni fa quando ha detto che la minaccia dell’uso di armi nucleari tattiche “è reale”. Si tratta – a mio avviso – anche in questo caso di una notizia non corrispondente al vero per il banale motivo che i russi non hanno bisogno di alcuna arma atomica tattica per il tipo di conflitto in corso attualmente. Se però viene detta una logica ci deve essere e a me pare la seguente: di fronte ad un esercito ucraino supportato in armamenti e dirigenti dalla Nato che rischia di perdere la guerra sul terreno, l’unica strada è l’escalation militare, l’estensione e l’approfondimento del conflitto. Parlare di possibile utilizzo del nucleare da parte della Russia significa legittimare la dotazione dell’esercito ucraino di armamenti a lunga gittata, in grado di colpire la Russia e di sdoganare l’intervento diretto di qualche esercito Nato, come ad esempio quello polacco. Si tratta in altri termini di imboccare una strada senza ritorno dell’escalation, in cui il conflitto da conflitto locale combattuto per procura diverrebbe palesemente un conflitto globale e cioè una guerra mondiale.

Questo è la strada che una parte delle classi dirigenti occidentali vorrebbero imboccare e questa è la scelta che dobbiamo scongiurare per evitare l’olocausto nucleare. Ricordiamoci che l’escalation militare in Vietnam venne decisa dal Congresso degli Stati Uniti sulla base di una notizia inventata riguardo presunti scontri avvenuti nel golfo del Tonchino…

Oggi più che mai bisogna smetterla con le bugie che vengono sparse a piene mani dai media occidentali e bisogna aprire una vera discussione che coinvolga l’opinione pubblica dei nostri paesi e italiana in primo luogo: di fronte ad una guerra che non verrà risolta da una vittoria sul campo, cosa vogliamo fare? La trattativa o la Terza guerra mondiale? Non si dica che l’alternativa è posta in modo semplicistico perché questo è esattamente il nodo: dopo che la Nato ha inviato decine di miliardi di armamenti in ucraina, dove sono morte decine e decine di migliaia di persone, il tutto motivato con la vittoria della guerra, adesso che la guerra è evidente che non si può vincere sul terreno, cosa facciamo?

Far entrare nel dibattito pubblico e nell’agenda politica questo nodo è il punto fondamentale su cui concentrare l’iniziativa politica. Iniziativa resa difficile da un governo, un sistema informativo e il principale partito di opposizione – il Pd – che hanno fatto della genuflessione al presidente Biden il punto fondamentale della loro identità. Muoviamoci prima che sia troppo tardi!

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