Oggi si chiama “Casa dei diritti” e ospita associazioni e servizi al cittadino, ma prima era un centro estetico sequestrato nel corso di un’indagine sugli interessi economici della ‘ndrangheta in Piemonte. Tra pochi giorni – come riporta La Stampa – deve tornare al legittimo proprietario, un commercialista assolto in via definitiva nel settembre 2022 dall’accusa di essere il “contabile delle cosche”. Accade a Nichelino, un Comune di 48mila abitanti nel Torinese, che nei giorni scorsi ha deciso di ingaggiare una battaglia legale per adempiere alla pronuncia della Corte d’Appello di Milano. Ma senza perdere denaro pubblico e salvando le realtà cittadine che nel frattempo in quel bene confiscato e assegnato nel 2018 hanno trovato casa.

I giudici, infatti, avevano reso definitiva la misura patrimoniale, ma la sentenza che ha assolto il professionista nel processo di revisione ha travolto anche quella. Il passaggio di mano è previsto per fine luglio, ma la restituzione non sarà certamente l’ultimo atto della querelle: l’Amministrazione guidata dal sindaco Giampiero Tolardo ha dato mandato a un avvocato di chiedere ristoro dei soldi spesi per le migliorie all’immobile, finanziate dal Comune con 35mila euro e per il resto con fondi regionali (per un totale di circa 50mila euro). “Abbiamo chiesto un consulto a un legale per capire quali soluzioni adottare, anche per tutelarci, visto che abbiamo speso del denaro pubblico – spiega Tolardo – Ci sembra anche doveroso riavere indietro il prezzo degli interventi realizzati, visto che il bene ha acquistato valore. Altrimenti ci sarebbe un ingiusto arricchimento”. Al proprietario, titolare tra l’altro di una società immobiliare, erano stati sequestrati beni per 4 milioni tra immobili, imprese e partecipazioni societarie poi acquisiti al patrimonio dello Stato.

Una settimana fa la società ha inviato una diffida ufficiale al Comune di Nichelino, ma secondo il sindaco anche Rosta e Torino potrebbero ricevere analoga richiesta. Scartata in partenza l’ipotesi di una compravendita, che graverebbe sulle casse comunali. “C’è un vuoto normativo che va riempito”, chiosa il primo cittadino. Infatti sono pochissimi in Italia i casi di beni confiscati, assegnati, ristrutturati e poi restituiti dopo il terzo grado di giudizio. Questo perché secondo il Codice antimafia l’Agenzia nazionale può avviare l’iter già in fase di sequestro, senza attendere la pronuncia dell’ultimo giudice. Chi a vario titolo si è occupato della vicenda vorrebbe che su questo problema si aprisse una discussione in Parlamento.

“Abbiamo avviato un dialogo informale con l’Agenzia e organizzeremo un incontro nelle prossime settimane. L’idea è arrivare all’Ufficio di presidenza della Commissione Antimafia con una proposta di legge”, spiega Diego Sarno, ex assessore comunale a Nichelino, oggi consigliere regionale Pd e coordinatore regionale di Avviso Pubblico. L’associazione, che riunisce gli amministratori pubblici impegnati contro le mafie e per la cultura della legalità, vorrebbe una revisione del Codice Antimafia nella parte relativa alle dotazioni dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati, con l’obiettivo mettere gli assegnatari al riparo dalle conseguenze economiche di un provvedimento di revoca. “Serve un Fondo straordinario per queste eventualità, in modo che gli affidatari possano ripartire con le attività in altro luogo”, prosegue Sarno ricordando un triste primato regionale: “Il Piemonte è la penultima regione per beni confiscati riutilizzati. Quando i mafiosi li lasciano, spesso li distruggono. Anche se restano integri comunque servono molti soldi per trasformare un luogo privato in un luogo pubblico e questo dissuade soprattutto i Comuni piccoli che non hanno denaro per ristrutturarli”. Se Nichelino non dovesse spuntarla per le vie legali, poi, potrebbe esporsi a una contestazione per danno erariale da parte dei magistrati contabili. Al danno in quel caso si aggiungerebbe la beffa.

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