Resta sulla scena politica e torna ad occupare il proprio posto da deputata nel Parlamento scozzese la ex premier e leader del partito indipendentista Nicola Sturgeon, arrestata lo scorso 11 giugno per un’indagine su presunte irregolarità finanziarie del suo partito – lo Scottish National Party (Snp) – e rilasciata dopo alcune ore. L’indagine che la vede coinvolta era partita con alcuni sospetti sulla spesa di alcuni fondi dal valore di 600mila sterline destinati alla campagna per l’indipendenza della Scozia, e, prima di lei, aveva toccato altri due membri dello Scottish National Party: il tesoriere Colin Beattie e Peter Murrell, amministratore del partito nonché marito di Sturgeon. La casa di Glasgow della coppia era stata perquisita lo scorso aprile, nel contesto dell’arresto di Murrel, rilasciato anche lui senza imputazioni formali.

“Sono tornata in Parlamento per continuare il lavoro di rappresentanza dei miei elettori”, ha commentato la Sturgeon parlando con la stampa, aggiungendo poi di essere “fortemente vincolata” sulle sue dichiarazioni a causa delle indagini in corso. Pressioni ed appelli per sospendere la ex premier fino alla chiusura delle indagini erano arrivate dalle opposizioni così come dal suo partito, ma sono restate finora inascoltati dal nuovo Primo ministro Humza Yousaf – anche lui della compagine indipendentista – lasciandole ancora aperto uno spazio politico, seppur sicuramente limitato. Prima donna a capo del governo scozzese, Nicola Sturgeon è stata un personaggio di spicco della politica del Paese dell’ultimo decennio. Sotto la sua leadership, l’identità e le istanze del partito indipendentista hanno compiuto un processo di evoluzione che hanno permesso di sganciarlo parzialmente dall’ingombranza onnipresente della rivendicazione cardine – la secessione dall’Inghilterra – rendendolo un partito di maggioranza.

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