Prendere tempo. E rinviare. È questa la strategia del governo italiano e della maggioranza di destra sulla ratifica della riforma del Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità). L’Italia è l’unico dei 20 Paesi dell’Eurozona a non aver ancora ratificato la riforma – che prevede una “rete di protezione” del Fondo unico di risoluzione sulle crisi bancarie per circa 70 miliardi – ma la pressione internazionale non sta facendo indietreggiare Giorgia Meloni. Da qui alla fine del mese sarebbero previste due votazioni alla Camera sulla ratifica del Mes fatte calendarizzare dall’opposizione, ma la maggioranza sta studiando tutti gli escamotage possibili per rinviare tutto alle calende greche. Il segnale di un imbarazzo evidente nel governo .

Il primo passaggio arriverà giovedì alle 13.30 in commissione Esteri alla Camera. Secondo il calendario dei lavori è prevista la votazione di due proposte di legge di Partito Democratico (a prima firma Piero De Luca) e Italia Viva (a prima firma Luigi Marattin): due proposte identiche che chiedono di ratificare la riforma del Mes approvata nel 2021. Inoltre il 30 giugno, la settimana successiva, il Pd ha fatto calendarizzare in aula alla Camera la propria proposta. Due passaggi che stanno imbarazzando la maggioranza.

Così la destra sta studiando i possibili escamotage per non decidere, forti dei numeri schiaccianti in commissione Esteri (15 a 11) e in Aula. L’idea che sta prendendo piede in maggioranza sarebbe quella di votare giovedì solo il testo base da adottare e su cui iniziare i lavori in commissione: una formalità visto che i due disegni di legge di Italia Viva e Pd sono identici. Un voto che non riguardi il merito del provvedimento ma servirebbe solo per iniziare il lavoro in commissione ed evitare allo stesso tempo che si arrivi in aula il venerdì successivo, cioè il 30 giugno.

A quel punto, però, per la maggioranza di destra inizierebbero i problemi. Il tentativo di affossare il testo in commissione, infatti, non è così semplice. Non ha molto senso presentare emendamenti a un testo che prevede semplicemente la ratifica di un trattato internazionale. L’unico modo sarebbe quello di organizzare un ciclo di audizioni per rallentare i lavori. Ma il deputato renziano Marattin segnala il possibile cortocircuito: “A quel punto dovrebbero spiegare cosa vogliono fare perché quando il presidente della Commissione Esteri Giulio Tremonti aveva già chiesto ai gruppi parlamentari se volevano svolgere audizioni e nessun partito ha segnalato esperti da sentire”.

L’ala dura, rappresentata soprattutto dalla Lega nel governo con il senatore Claudio Borghi, invece non sarebbe contraria a portare il testo in Aula e bocciarlo sonoramente. Ma in quel caso un “no” secco con un atto parlamentare sulla ratifica della riforma del Mes metterebbe l’Italia in difficoltà di fronte agli osservatori internazionali che stanno facendo pressione da settimane. Tant’è che la versione di Fratelli d’Italia è che, al momento, le priorità sono altre.

Da mesi, infatti, il governo Meloni sta prendendo tempo sulla ratifica del Mes: dopo anni di netta contrarietà all’opposizione, infatti, l’esecutivo della leader di Fratelli d’Italia non può rimangiarsi con troppa facilità la sua promessa di non accedere mai al Mes. Nelle ultime settimane, però, la posizione del governo si è ammorbidita spiegando che ratificare la riforma non significa accedere al Mes, ma il governo italiano sta alzando la posta con Bruxelles soprattutto per ottenere più risultati sulla riforma del Patto di Stabilità.

La scorsa settimana, come ha spiegato il commissario europeo Paolo Gentiloni, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva ammesso al board del Mes che l’Italia ha “difficoltà” a ratificare la riforma del trattato. Meloni invece ha detto che il governo non farà niente fino a che non ci sarà un’ulteriore revisione dello strumento. “Prima si cambi il patto di stabilità”, ha detto la premier intervistata da Bruno Vespa in Puglia.

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