Si sono chiamati Generazione P: “Siamo cittadini e attivisti che vogliono mettere al centro il nostro lavoro: precario, sfruttato, sottopagato – spiega l’attivista e ingegnera Ornela Casassa, nota per il video virale sulle dinamiche che portano alla diffusione delle paghe da fame – In questa prima parte del nostro percorso siamo partiti dalle professioni intellettuali, perché sono poco sindacalizzate e proprio per questo trovano terreno fertile per lo sfruttamento”.

In una piazza don Gallo piena di giovani, si sono alternati al microfono lavoratori degli ambiti più disparati, accomunati dal rifiuto di sottostare al ricatto della precarietà: “Quante volte ci siamo sentiti ripetere la frase ‘e ringrazia che lavori’? – scrivono sul comunicato che lancia il collettivo, espressione di un’area della sinistra ambientalista in cerca di rappresentanza politica – Ogni volta che ci si osa lamentare delle condizioni pessime in cui si è costretti a lavorare, tra contratti di collaborazione precari, finte Partite Iva, zero prospettive di assunzione, stipendi da fame, straordinari non pagati”.

All’incontro, moderato da Matteo Pucciarelli (in libreria con “Guerra alla guerra”, una guida alle idee politiche del pacifismo italiano) c’erano anche i precari del gruppo Gedi, in rappresentanza del variegato mondo dei giornalisti precari ha preso la parola Astrid Fornetti, fotoreporter con vent’anni di esperienza nel lavoro autonomo.

Le richieste emerse dall’incontro sono quelle di una maggiore attenzione nei confronti del mondo del lavoro precario da parte di sindacati e politica: “Siamo giovani ma non per questo dobbiamo vivere con il timore di non arrivare a fine mese. Dopo cinque anni di università e un tirocinio gli stipendi devono consentire di pagarsi una casa e da mangiare”. Le prospettive per i giovani in Liguria sono particolarmente deprimenti, se si considera che tra gli universitari – snocciola i dati la consigliera regionale rosso verde Selena Candia: “Solo il 65% si iscrive all’università di Genova; oltre il 25% studia in altre città italiane, mentre i giovani tra i 16-34 anni che lavorano in altre regioni, negli ultimi 10 anni, sono aumentati dal 13,9% al 17,1%. Cifre che si vanno a sommare a quella dei liguri all’estero, più di 140mila, il 9% della popolazione residente. Il 40% di chi sceglie di abbandonare la Liguria per cercare lavorare ha meno di 35 anni.

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