Quattro ore di sciopero nazionale dei metalmeccanici sono state proclamate nel corso di una conferenza stampa a Roma dai sindacati Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm, per il prossimo 7 e 10 luglio, per chiedere al governo Meloni risposte “per impedire il declino industriale del Paese”. La prima data riguarderà il Nord Italia e alcune regioni del Centro, mentre la seconda i lavoratori del Sud e il resto delle regioni centrali, tra cui il Lazio. “Il tempo è scaduto: il Governo e il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso devono capire che non si può andare avanti così, con continue scelte rinviate“, ha rivendicato Rocco Palombella, segretario generale della Uilm. Fornendo una fotografia, in base ai dati ministeriali, della situazione industriale nel settore: “Il 70% dei tavoli di crisi aperti al Mimit riguarda il settore metalmeccanico e interessa oltre 50 mila lavoratori occupati in settori strategici, dalla siderurgia all’automotive, passando per l’elettrodomestico, aerospazio e telecomunicazioni”.
“Questo è un avvertimento al governo, perché non vogliamo accompagnare Paese alla dismissione industriale. È stato registrato dall’Istat un calo del 7% della produzione industriale. La transizione ecologica e digitale si fa con le lavoratrici e i lavoratori, quelli che già stanno pagando gli effetti della pandemia, dalla crisi economica, dall’instabilità geopolitica e di un’inflazione a livelli record. Attraverso il contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici siamo riusciti a salvaguardare il potere di acquisto dei salari riconoscendo un incremento sui minimi, ma è necessario un intervento del Governo di detassazione”, ha dichiarato Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil.
“In quattro anni i tavoli aperti al Ministero sono circa 100 in meno (da 149 a 57). Ma questo soltanto perché il Ministero ha deciso di considerare nel conteggio solamente le vertenze di aziende con oltre 250 dipendenti. Degli attuali 34 tavoli attivi il 70% (23) riguarda il settore metalmeccanico, mentre dei 23 di monitoraggio circa il 50% (10) riguarda il settore metalmeccanico”. Numeri che si traducono in rischi concreti per i lavoratori coinvolti, “70mila quelli interessati nei tavoli di crisi, 50mila soltanto nel settore metalmeccanico“. “Abbiamo le situazioni di Acciaierie D’Italia (ex Ilva) e di Stellantis che continuano il piano inclinato verso il basso, più le crisi che riguardano anche le aziende dell’indotto. di entrambi i settori. Senza dimenticare altri tavoli aperti, come Ansaldo Energia, Blutec, Bosch di Bari, QF (ex GKN), G&w Electric, Industria Italiana Autobus, Italtel, Jsw Steel Italy di Piombino (ex Lucchini), Piaggio Aerospace, SiderAlloys (ex Alcoa), Softlab, Speedline, Wartsila, ex Whirlpool Napoli e Whirlpool EMEA”. E ancora: “Nel 2035 si produrranno in Europa solo auto elettriche e il governo sta facendo una scelta sbagliata puntando all’endotermico”, hanno avvertito i sindacati, sottolineando “il netto ritardo e la necessità di una posizione chiara e inequivocabile” per salvaguardare investimenti e lavoratori.
“Abbiamo dovuto registrare una continuità con i precedenti esecutivi nell’assenza di politiche industriali”, ha continuato Palombella, con una “totale mancanza di ascolto, di partecipazione e di scelte definitive su importanti crisi aziendali e sulla gestione della transizione ecologica”. E non sono mancate le polemiche incrociate con il ministro Urso, che dall’assemblea di Confcooperative, in contemporanea con la conferenza dei sindacati, invitava invece “a investire in Italia” perché “nel nostro Paese non ci sono scioperi“. “Urso? Noi in questo Paese siamo nella fase della rassegnazione. Al suo posto proverei a convincere le imprese a investire eliminando burocrazia e rendendo il lavoro riconosciuto e ben remunerato“.
“Riteniamo utile la convocazione da parte del Governo delle organizzazioni sindacali il prossimo 19 giugno al Mimit, ci aspettiamo un cambio di passo”, è stata l’apertura di credito di Roberto Benaglia per la Fim Cisl. Non sembra però convincere gli altri sindacati: “Non mi aspetto nulla. In tre ore dovremo discutere di tre settori: automotive, siderurgia ed elettrodomestici. Andremo, ma questi temi si affrontano con scelte politiche chiare”, ha tagliato corto Palombella.
E c’è anche il nodo dell’ex Ilva: “La vertenza di Acciaierie d’Italia è ferma da dieci anni”. E ancora: “I problemi non si risolvono esclusivamente con un ulteriore decreto con l’intento di mettere una pezza all’ammortizzatore sociale richiesto dalla multinazionale. Il governo non può continuare ad intervenire con soluzioni tampone, si cambi l’attuale management attraverso l’ingresso in maggioranza di Invitalia nel capitale sociale di Acciaierie d’Italia per un rilancio produttivo del gruppo”, è l’appello ribadito dai sindacati nel giorno dell’annuncio della mobilitazione.
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