Gloria, 78 anni, malata oncologica del Veneto, scrive: “Ho vissuto periodi pesanti con forza e volontà per affrontarli, fin dall’inizio ero informata che si prospettava un periodo difficile e così è andata, ed ecco la motivazione della mia richiesta di fine vita dignitosa. Ho avuto una vita libera, bella, quando deciderò di procedere con l’aiuto al suicidio per porre fine alle mie sofferenze nonostante tutto l’ultima parola per me sarà ‘la vita è bella’ e sono stata libera fine alla fine”.

Anna, 55 anni, affetta da sclerosi multipla in Friuli Venezia Giulia: “La mattina mi sveglio e attendo che inizino le operazioni di assistenza e cura del mio corpo. Ogni giorno, dal 4 novembre 2022, attendo che qualcuno mi avvisi che verrà a verificare le mie condizioni e come potrò accedere all’aiuto al suicidio quando lo vorrò. La sofferenza che provo non ha confine, ho tanto amore attorno che mi mantiene in vita, ma desidero poter essere libera di scegliere quando morire visto il peggioramento della mia malattia. Chiedo ai dirigenti della mia azienda sanitaria di chiudere gli occhi e di immaginare cosa significa essere malati come me. Immaginare ogni singolo minuto ferma, immobile, in un tempo che non passa, trascorre lento”.

Due donne (i loro nomi sono di fantasia) vivono in due regioni confinanti, hanno malattie che non lasciano scampo e condividono lo stesso desiderio di poter mettere fine alla propria sofferenza infinta. Eppure Gloria, in Veneto, adesso potrà farlo perché – come annuncia Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Luca Coscioni – ha avuto il via libera dell’azienda sanitaria regionale e del Comitato etico alla richiesta di verifica delle condizioni per poter accedere al suicidio medicalmente assistito. Invece, Anna si è trovata di fronte all’ostruzionismo della Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina, che non ha ancora risposto alla richiesta di avviare l’iter per verificare l’esistenza delle condizioni previste dalla legge. Così Filomena Gallo ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica per vedere riconosciuto l’esercizio di un diritto.

Gallo spiega: “Mentre in altre Regioni d’Italia i pazienti che chiedono di poter accedere al suicidio assistito sono costretti a procedere per vie legali perché il sistema sanitario boicotta la legge, in Veneto arriva per la seconda volta, senza ostruzionismi, la dichiarazione che esistono i requisiti previsti dalla sentenza 242/19 della Consulta: l’azienda sanitaria ha comunicato la tipologia di farmaco idoneo per poter procedere e le modalità di assunzione”. Anzi, la struttura pubblica fornirà la strumentazione necessaria all’autosomministrazione del farmaco letale e ha confermato che il servizio sanitario regionale fornirà quanto occorre nell’immediatezza dell’evento.

Visto che manca la disponibilità del personale medico, Gloria dovrà però avvalersi del proprio medico. “Il Veneto – aggiunge ancora la segretaria dell’associazione Coscioni – è anche la prima Regione d’Italia ad aver raggiunto la soglia delle firme necessarie per la proposta di legge regionale ‘Liberi subito’ affinché i tempi di risposta delle aziende sanitarie alla persona non superino i 20 giorni. Invitiamo le altre Regioni a seguire l’esempio”.

Una situazione molto diversa in Friuli. Di fronte all’inerzia della struttura sanitaria, il pool di avvocati dell’Associazione Luca Coscioni ha fatto una duplice mossa giudiziaria. Ha innanzitutto presentato un ricorso civile d’urgenza per ottenere dal giudice un ordine di applicazione della “sentenza Cappato”, così che si possano verificare le condizioni che rendono lecito l’aiuto al suicidio. Poi ha depositato una denuncia per omissione/rifiuto d’atti d’ufficio nei confronti dell’Azienda sanitaria, cui spetta la prima verifica che consente poi il giudizio del comitato etico regionale.

“Durante l’udienza civile, i legali dell’Azienda sanitaria sono arrivati persino ad affermare che ‘l’avanguardia del XX secolo è stata l’abolizione della pena di morte’ – dichiara Filomena Gallo – e che la lettura che il collegio legale di Anna fornisce della sentenza 242/2019 della Consulta e l’assenza di una legge in materia determinerebbero, con l’eventuale accoglimento del ricorso, l’introduzione di una ‘determinazione di morte, e cioè una disposizione della vita umana senza una legge’. Invece le parole di Anna rappresentano la difesa della propria libertà, la sofferenza, il dolore dell’attesa in una condizione che ogni giorno peggiora”.

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