di Andrea Vivalda

Sudan, solo in uno degli orfanotrofi di Khartoum sono 50 i bambini morti di fame perché nessuno ha potuto occuparsi di loro dall’inizio del conflitto sudanese. Dal 23 febbraio 2022 ad oggi abbiamo assistito ad un Occidente iperattivo nell’aiuto ai profughi ucraini: i corridoi umanitari prontamente attivati hanno portato in salvo (giustamente) migliaia di civili negli stati europei e stanziamenti corposi sono fluiti al governo di Kiev per supportare la popolazione; il tutto sostenuto da una pressione mediatica continua e persistente in merito al devasto in corso in Ucraina, che ha inorridito i cittadini dell’ovest agevolando sull’onda dell’indignazione e della paura i corposi stanziamenti degli stati occidentali (persino per l’invio di armi).

Tornando al Sudan, iper-sfruttata colonia britannica fino al 1956, il 15 aprile 2023 i media hanno riferito dell’inizio di un sanguinoso conflitto, ma dopo qualche giorno la copertura di quanto stesse avvenendo in quelle zone è sostanzialmente scomparsa dalle maggiori testate occidentali: nessuna notizia, neanche in coda di un telegiornale o nelle ultime pagine di un giornale. Il totale disinteresse, sia sul piano politico che mediatico. Il cittadino occidentale non sa nulla delle decine di morti giornaliere di quella sanguinosa guerra, compresi i 50 bambini morti di fame: per l’Occidente non è il caso di inorridire il pubblico per il devasto in Sudan.

Emerge dunque naturale la domanda: perché questo doppio standard? Con tutto il rispetto per i profughi ucraini e delle giuste iniziative umanitarie per aiutarli, perché i civili vittime di guerra in Sudan non meritano né aiuto, né interesse?

Si tratta forse del colore della pelle? Sarebbe forse difficile che paesi come la Polonia, che hanno accolto migliaia di ucraini, accogliessero i sudanesi, visto che già respingono (provocando decine di morti nelle foreste) afghani, siriani e altri profughi dalla carnagione diversa dal bianco latte? Si tratta forse del fatto che l’Ucraina è ricca di giacimenti di neon e altre sostanze fondamentali per le produzioni moderne e il Sudan no? O si potrebbe trattare del fatto che, in fin dei conti, dare eco mediatica alla guerra in Ucraina e far di tutto per protrarla inviando armi difensive ma non decisive è estremamente conveniente per gli Stati Uniti, in quanto il conflitto ha strappato l’Europa dalle partnership commerciali con la Russia e con l’est, facendola tornare succube e dipendente dalle risorse di quell’America immersa in una crisi economica senza precedenti? Oppure potrebbe dipendere dal fatto che gli Stati Uniti hanno apertamente appoggiato, finanziato, addestrato e armato (anche in collaborazione con l’Italia con uomini dell’Esercito inviati nell’estate 2022) una delle fazioni in guerra in Sudan, quella dei janjaweed?

Domande aperte e complicate a cui è difficile rispondere e che aprono tematiche oscure e annidate nel complesso intreccio geopolitico dei tempi che viviamo. Rimangono però i fatti, i morti, i profughi respinti, i bimbi lasciati morire di fame anche da quell’Occidente che il Sudan lo ha dominato e sfruttato in passato; rimangono i media “di regime” muti, la mancata indignazione, l’opinione pubblica tenuta all’oscuro.

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