Mentre il governo polacco deve fare i conti con movimenti di protesta interni, in vista delle elezioni politiche del prossimo autunno, l’Unione europea assesta un altro schiaffo a Varsavia sulla riforma della Giustizia. La Corte di Giustizia Ue l’ha infatti bocciata accogliendo il ricorso della Commissione europea secondo cui il provvedimento rappresenta una minaccia all’indipendenza dei giudici. Varsavia non ci sta e replica definendo quello della Corte un verdetto “corrotto” attraverso il ministro della Giustizia di Varsavia.

Il 14 luglio 2021 il giudice europeo aveva ordinato la sospensione dell’applicazione delle norme relative in particolare alle competenze della camera disciplinare della Corte suprema. Ad ottobre 2021 la Corte ha comminato una multa da un milione di euro al giorno per non aver sospeso la camera disciplinare, multa dimezzata ad aprile scorso dopo il parziale adempimento da parte di Varsavia. Oggi, però, Bruxelles boccia nuovamente l’ultima versione del testo, ritenuto in violazione dell’indipendenza della magistratura secondo gli standard europei sullo Stato di diritto. “Il valore dello Stato di diritto fa parte dell’identità stessa dell’Unione quale ordinamento giuridico comune e si concretizza in principi che comportano obblighi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri”, si legge in una nota diffusa dalla Corte. I Paesi dell’Ue sono dunque “tenuti a provvedere affinché sia evitata qualsiasi regressione, sotto il profilo del valore dello Stato di diritto, della loro legislazione in materia di organizzazione della giustizia, astenendosi dall’adottare norme che possano pregiudicare l’indipendenza dei giudici”.

La Corte, con la sentenza, conferma che il controllo del rispetto, da parte di uno Stato membro, di valori e principi come lo Stato di diritto, la tutela giurisdizionale effettiva e l’indipendenza della giustizia rientra appieno nella sua competenza. Nella nota si precisa che la Corte di fatto boccia la sezione disciplinare della Corte suprema polacca poiché “non soddisfa il necessario requisito di indipendenza e di imparzialità“. Poi stigmatizza il “carattere relativamente ampio e impreciso delle disposizioni della legge di modifica denunciate dalla Commissione” che possono pregiudicare l’operato dei giudici. Infine, “le disposizioni nazionali che impongono ai giudici di presentare una dichiarazione scritta indicante la loro eventuale appartenenza a un’associazione, a una fondazione senza scopo di lucro o a un partito politico e che prevedono la pubblicazione on-line di tali informazioni violano i diritti fondamentali di tali giudici alla tutela dei dati personali e al rispetto della vita privata”.

Un altro duro colpo per l’esecutivo guidato dal premier Mateusz Morawiecki del partito Diritto e Giustizia (Pis) di Jarosław Kaczyński. Proprio domenica, infatti, 500mila persone sono scese in piazza a Varsavia contro il carovita, “le menzogne del potere e la corruzione“, chiedendo una maggiore democrazia, tolleranza e riconoscimento dei diritti sociali. A spingere la folla c’era anche lo storico leader di Solidarnosc, Lech Walesa, oltre a Donald Tusk, premier della Polonia tra il 2007 e il 2014 ed ex presidente del Consiglio europeo tra il 2014 e il 2019, diventato ora il leader del maggiore partito di opposizione.

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