Ogni attaccante rischia di restare impigliato fra le maglie dello stesso destino. Perché chi vive per il gol, alla fine, è proprio per i gol che viene giudicato. Così la tirannia del numero ha finito per elevare a sistema la sineddoche, per eternare un sistema dove una parte viene presa per spiegare il tutto. Le reti vengono affisse in una cornice, il resto buttato nella spazzatura. E pazienza se si rischia di perdere la parte più sapida della storia. Funziona così per tutti, ma è così soprattutto per Andrea Belotti, mister 106 gol in Serie A che improvvisamente sembra aver smarrito la sua confidenza con la rete. Tutta la sua stagione è racchiusa in un numero, anzi, in un non numero: zero, come i gol che ha messo a segno in questo campionato. Un dato imbarazzante per uno che era arrivato nella capitale per livellare al suolo le porte avversarie.

In verità quello fra il Gallo e la Roma è stato un matrimonio molto più difficile del previsto. Per celebrare le nozze, infatti, Tiago Pinto ha dovuto aspettare il divorzio con Shomurodov, finito allo Spezia. Ma solo momentaneamente. Significa che l’ex capitano del Torino si è dovuto allenare da solo fino agli sgoccioli del mercato estivo. Senza poter mettere minuti nelle gambe. Senza potersi amalgamare con i compagni. Il ritardo di condizione lo ha confinato nelle retrovie. E quando è stato chiamato in causa il suo presente non è quasi mai stato all’altezza del suo passato. Il Gallo si è trovato catapultato in una squadra che per diversi mesi ha giocato un calcio straziante, dove i centravanti venivano utilizzati più come centrocampisti dediti al pressing che come riferimenti offensivi. I numeri sono drammatici. La Roma è nona per numero di tiri complessivi (479, tre in meno del Sassuolo e tredici in meno dell’Udinese) e per gol realizzati (48, due in meno di Fiorentina e Bologna). Eppure il problema sembra più strutturale che dei singoli. Tanto che ormai è difficile capire se la Roma segna poco perché i suoi attaccanti non rendono o viceversa.

Le statistiche del Gallo immalinconiscono. L’ex centravanti del Toro viaggia a una media di 0.5 tiri a partita. Tanti quanti Gianluca Mancini, che di professione fa il centrale difensivo, meno di Mady Camara e Solbakken (rispettivamente a 0.6 e 0.7), due oggetti misteriosi delle ultime sessioni di mercato. Anche le occasioni da gol costruite per i compagni sono precipitate. Belotti è fermo a 0.5 a match. Significa che ha fatto peggio di Solbakken. Significa che ha fatto peggio di Celik. A Roma Belotti sembra essere rimasto imprigionato in quel verso di Montale secondo cui “è un gioco rischioso prendere parte alla vita”. Il suo contratto è già in scadenza e la punta ha fatto sapere che sarebbe addirittura pronta ad abbassarsi l’ingaggio pur di restare. La società ha preso tempo. Serve una riflessione approfondita. Anche perché i Gallo è diventato qualcosa di molto vicino a un paradosso.

Nonostante una stagione più che deludente potrebbe rivelarsi importante. E anche molto. Perché lasciarlo andare via significherebbe dover tornare sul mercato e spendere una montagna di quattrini. Non il massimo per uno dei pochi club alla prese con la scure del fair play finanziario. Nelle ultime settimane Belotti ha lanciato segnali interessanti. Il suo cross per la spizzata di Solbakken ha portato al gol di El Shaarawy contro la Fiorentina. Nella semifinale di ritorno contro il Bayer Leverkusen, in un match dove la Roma ha costruito solo un’azione da gol, l’attaccante ha giocato costantemente spalle alla porta, difendendo sempre il pallone con il corpo, conquistando una serie infinta di punizioni vitali per salire la squadra e dare respiro alla difesa. E ancora, contro l’Udinese, il Gallo ha srotolato alla perfezione il contropiede giallorosso, creando insieme a Pellegrini una delle azioni più belle di questa seconda Roma di Mourinho. Senza contare che nessuno nella rosa dei capitolini riesce ad attaccare meglio la profondità, a scattare sul filo del fuorigioco per presentarsi davanti alla porta avversaria. In Europa League le cose sono andate leggermente meglio. Il Gallo ha segnato contro l’HJK Helsinki. Ha segnato contro il Betis. Ha segnato contro il Salisburgo. E il suo è stato un gol vitale. Episodi che non cambiano il senso generale di una stagione. Belotti non è riuscito a incidere quanto previsto. Per demeriti collettivi. Per demeriti individuali. Eppure lasciarsi così sarebbe un vero peccato. E soprattutto un rischio.

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