Giorgia Meloni puntava tutto su Catania e ha vinto, ma a contenderle ora la primogenitura della vittoria catanese c’è il risultato di lista di Raffaele Lombardo: “Siamo noi il primo partito”, sottolineano infatti dalle file del Movimento per l’autonomia. Un risultato oggi ancora conteso, quando ancora il risultato finale – grazie allo spoglio andato a rilento – deve ancora terminare ma dal quale traspare una certezza: Lombardo è di nuovo col vento in poppa. E accanto a lui non sfigura neanche Totò Cuffaro: il risultato di queste Comunali siciliane consegna anche a lui la palma del gran ritorno. E un’altra sicurezza: in Sicilia, il passato è in trionfo. Non a caso nel day after della gran vittoria catanese c’è chi rievoca il 61 a 0: ovvero il cappotto che il centrodestra inflisse agli avversari alle Politiche del 2001: “Siamo di nuovo a quella Sicilia che regalava una vittoria schiacciante e senza appello come quella”, ricorda un meloniano. È l’euforia della vittoria ma i numeri anche questa volta inchiodano il risultato: i due ex presidenti della Regione sono quasi sempre vincenti (con qualche eccezione), lo sono perfino assieme a Ragusa, dove il sindaco riconfermato Peppe Cassì ha perso il sostegno di Fratelli d’Italia e Forza Italia, mentre ha mantenuto quello di Lombardo e Cuffaro: e così ha vinto al primo turno.

Quella di Ragusa è una fotografia chiarissima. I due gemelli politici, cresciuti sotto l’ala protettrice di Calogero Mannino, i due ex democristiani che si spartivano la Sicilia – Lombardo a oriente, Cuffaro ad occidente – dopo gli anni di carcere di uno e gli anni di processo dell’altro, sono tornati a determinare le sorti elettorali dell’isola. Non si sarebbe mai detto il giorno in cui nel 2012 Raffaele Lombardo si dimise anzitempo per il rinvio a giudizio per concorso esterno e corruzione elettorale (poi fu assolto). Aveva ereditato lo scranno più alto della Sicilia da Totò, subito dopo che questo l’aveva lasciato a sua volta, dopo la condanna per favoreggiamento alla mafia.

Entrambi presidenti della Regione, entrambi dimissionari per accuse legate alla mafia, entrambi ora di nuovo in pista. Lombardo dopo 11 anni di processo è stato assolto in Cassazione. Cuffaro, dopo avere scontato la condanna, aveva mantenuto l’interdizione dai pubblici uffici ma poi il tribunale di sorveglianza di Palermo lo ha completamente sollevato dall’interdizione. Si potrà ricandidare, anche se lui insiste che “non è più il mio tempo”. Pur non candidandosi però ottiene più di una vittoria elettorale.

I numeri, quindi. A Catania il risultato è trionfale per Lombardo, l’ex governatore ha fatto incassare al neo sindaco di Catania – a spoglio non ancora terminato – quasi il 18 per cento dei consensi con due liste (Mpa un po’ più del 6, la lista Grande Catania un po’ più del 10). Fdi nel frattempo si ferma al 12,5: “Ma anche noi avevamo una seconda lista civica”, fanno notare dalle retrovie i meloniani. I lombardiani, però, non ci stanno: “In quella lista (Trantino sindaco, ndr) c’erano anche Azione, Italia Viva ed altri”. Che il Movimento per l’autonomia di Lombardo sia il primo partito oppure no poco importa: il suo è comunque un risultato innegabile. E quello catanese non è il solo. “Il grande risultato degli autonomisti rafforza e fa vincere il centrodestra, nella città di Catania in particolare con generosità abbiamo sostenuto dalla prima ora Enzo Trantino, consegnandogli un risultato enorme con le nostre liste insieme a lui lavoreremo per fare diventare Catania la capitale del mediterraneo”, gongola Fabio Mancuso, dirigente del Movimento. Il Mpa poi incassa voti anche in altre città: a Siracusa l’8,7, a Trapani il 5,7.

E in più c’è Ragusa, dove ha spinto alla vittoria Cassì. Insieme a Totò Cuffaro: è l’unica città in cui da soli, cioè senza gli altri partiti della coalizione, hanno puntato sullo stesso candidato. E, manco a dirlo, hanno segnato la vittoria al primo turno. Cuffaro però fa un ottimo risultato anche a Modica dove fa eleggere la prima sindaca donna, Maria Monisteri, e raggiunge la vetta del 23,46 per cento come preferenze di lista: “La Dc si attesta come primo partito anche a Licata, raggiungendo la percentuale del 13% con circa 2.500 voti di preferenza e 4 consiglieri comunali eletti”, sottolinea lui. Che continua l’elenco delle vittorie, anche lì dove non c’era il simbolo: “La Democrazia Cristiana è riuscita a far eleggere sindaci in molti Comuni siciliani. Maria Monisteri a Modica, Luciano Marino a Lercara Friddi, Cettina Di Liberto a Sciara, Gioacchino Baio a Castrofilippo, Tiziana Cascio a Collesano, Benedetto Giunta a Roccapalumba. Inoltre, il risultato ottenuto a Modica e a Collesano è storico: nessuna donna aveva mai ricoperto la carica di sindaco e siamo orgogliosi che questo traguardo sia stato raggiunto dalle rappresentanti della Dc”.

Eccolo il redivivo Totò, che per la verità aveva già dato i segni del suo ritorno alle vittorie elettorali con le Comunali di Palermo e le Regionali dopo, sia al comune di Palermo che alla Regione siedono, infatti, due suoi assessori. Meno scontato era il ritorno in pompa magna di Lombardo. Nessuno avrebbe dubitato, infatti, di un suo importante peso sul risultato finale catanese ma non addirittura di un peso così determinante. Le comunali catanesi però si sono aperte proprio con la sua assoluzione e da lì in poi tutto faceva pensare che la pronuncia della Cassazione avrebbe restituito nuovo vigore al suo consenso. Così è stato. Ed è solo l’inizio.

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Nella foto in alto – Cuffaro e Lombardo al congresso nazionale dell’Udc nel 2004 (Marco Merlini/Lapresse)

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