Il 14 maggio era stato il giorno del primo turno, dove nessuno dei due candidati aveva raggiunto il 50% delle preferenze necessarie per la presidenza. In vantaggio c’era comunque Recep Tayyip Erdogan che – malgrado i sondaggi della vigilia – ha sfiorato l’elezione diretta arrivando al 49,4% pochi decimali dalla fatidica soglia. Dall’altra il candidato che ha raccolto intorno a sé l’appoggio di sei partiti dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, e che, nonostante le forti aspettative, si è fermato poco sotto il 45%.

I sondaggi – Molti osservatori concordano nel ritenere Erdogan il favorito per la vittoria finale: gli ultimi sondaggi lo danno al 53,7%. Oltre ad essere in vantaggio di oltre 2,5 milioni di voti sul rivale, nei giorni scorsi ha incassato l’endorsement di Sinan Ogan, il candidato arrivato terzo al primo turno con oltre il 5%. Inoltre il presidente in carica ha già conquistato il controllo del Parlamento. La coalizione di tre partiti che lo appoggia, composta dal suo Akp, dai nazionalisti dell’Mhp e dagli islamisti del Partito del Nuovo Welfare può contare su 323 seggi su 600.

La delusione dell’opposizione – Per Kilicdaroglu, al contrario, il voto del 14 maggio si è rivelato una forte delusione. Nonostante in molti fossero pronti a scommettere che avrebbe messo fine alla ventennale era politica di Erdogan, il leader del Partito Repubblicano del Popolo (Chp) non è riuscito nel suo intento. A risultato acquisito, nel campo dell’opposizione sono scoppiate delle tensioni soprattutto per come è stata gestita la fase immediatamente successiva alla chiusura dei seggi, con diversi esponenti che avevano rivendicato la vittoria. Ci sono state dimissioni nel Chp, anche se voci insistenti le ritengono più dei licenziamenti, e un deciso cambio di passo di Kilicdaroglu che, nel tentativo di conquistare il voto dei nazionalisti, ha basato la campagna negli ultimi giorni sul rimpatrio dei milioni di siriani che hanno trovato rifugio in Turchia. La sua retorica anti-migranti gli ha permesso di incassare l’appoggio di Unit Ozdag, l’ultranazionalista leader del Partito della Vittoria (Zafer Partisi), che aveva espresso proprio Ogan come suo candidato al primo turno.

Le tensioni – Erdogan e Kilicdaroglu non arrivano al voto in un clima propriamente disteso. Nei giorni scorsi l’avvocato dello sfidante ha annunciato di aver denunciato il presidente per un video diffuso durante un comizio a Istanbul in cui si evocavano possibili rapporti tra Kilicdaroglu e il Pkk, organizzazione al bando per terrorismo. Il legale ha chiesto un risarcimento di un milione di lire turche, circa 47mila euro.

I temi della campagna elettorale La Turchia è arrivata al voto ferita dall’attentato a Istanbul dello scorso novembre e, soprattutto, dal devastante terremoto che lo scorso 6 febbraio ha quasi cancellato alcune zone del sud, causando quasi 50mila morti. Economia e ricostruzione post-sisma sono stati i temi dominanti della campagna elettorale, con Erdogan che si è giocato la carta dei successi diplomatici per offuscare un quadro finanziario da tutti giudicato critico. La Banca centrale turca – su forte ‘consiglio’ del presidente e in controtendenza con l’Europa e gli Stati Uniti – ha tagliato i tassi di interesse. L’inflazione su base annuale, dopo una crescita esponenziale, finalmente ha iniziato la parabola discendente. Ma né la crisi economica né le polemiche sulla gestione dei soccorsi hanno scalfito il sostegno elettorale di Erdogan, uscito vincitore al primo turno in quasi tutte le province devastate dal sisma e storiche roccaforti dell’Akp. Un fattore quest’ultimo che fa pensare a molti che il prossimo 29 ottobre, giorno in cui si festeggerà il 100mo anniversario della fondazione della Repubblica di Turchia, Erdogan sarà ancora al suo posto.

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