C’è chi chiede sempre e chi non chiede mai.

Poi c’è chi racconta storie per mestiere manipolando la realtà. Per esempio in questi giorni c’è una “storia” – gli specialisti della comunicazione direbbero narrazione – secondo cui di fronte all’alluvione i romagnoli ce la fanno da soli. Come hanno sempre fatto, come sempre faranno.

È una menzogna che viene maneggiata dai media per rassicurare chi ascolta, chi vede, chi legge. Una bugia che fa comodo a chi pensa, appunto, tanto fanno da soli.

Io abito, vivo, lavoro a Ravenna. Una città che per ora è tra le meno colpite da quel che è venuto giù dal cielo in questi giorni. Ma quel che è sceso non ci permette di dire “ce la faremo da soli”. Perché non ce la si fa mai da soli. Anzi è vero il contrario: ce la si fa sempre insieme.

Ci sono le responsabilità di questa crisi – e sono gravissime – ma… nel momento del caos dell’emergenza: chissenefrega delle responsabilità? Di quelle possiamo occuparci tra un giorno, tra una settimana ma ora: la cosa più urgente è non vergognarsi di chiedere aiuto.

Non tutta la Romagna è stata colpita allo stesso modo: ci sono stati i fortunati (come me) e gli sfortunati. Chi è stato fortunato dovrà aiutare chi è stato meno fortunato. Questo sì: lo abbiamo sempre fatto e lo faremo anche questa da volta, certo. Ma da soli non ce la facciamo. Non è vero il popolo romagnolo ce la fa da solo. Non è stato vero in passato e non è vero tanto meno questa volta.

C’è bisogno. Smettere di vergognarsi della propria fragilità è una leva potente che attiva le energie più straordinarie delle comunità. Quelle energie che i giornalisti in tv non sono capaci di raccontare: troppo impegnati a esibire la storia più sensazionale, più tragica. Per mettere in vetrina il dolore degli altri e, in questo modo, rasserenare i lettori, gli ascoltatori.

Non c’è proprio nulla da rasserenarsi: in questo paese in cui il consumo di suolo è a livelli criminali e dove le amministrazioni hanno spesso permesso la costruzione dove non bisognava, questa “emergenza” può capitare ovunque domani mattina.

Se ci sarà da studiare e lavorare per evitare le emergenze in futuro, da subito c’è una cosa da fare urgentissima: dare una mano. Da vicino e da lontano. Ognuno come può. Lontano dai riflettori, questo sì, senza farsi vedere. Perché se a chiedere non bisogna vergognarsi a dare non c’è proprio nulla da esibire. Anzi: diventa quella pornografia della beneficienza pelosa di cui non c’è mai bisogno.

Chiedere e dare. Senza aspettarsi niente. Questa è la chiave per uscire da ogni porta bloccata.

Non c’è nessuna storia sensazionale in un filo d’erba che ricresce dopo che è passato Attila. È troppo impercettibile il rumore che fa. Troppo invisibile il suo movimento. Ma è di una potenza straordinaria, invisibile ai giornalisti, invisibile ai ciechi che pensano o raccontano “ce la faremo da soli anche questa volta”.

Non è vero. Non ce la faremo da soli. Abbiamo bisogno di tutti. Perché non c’è niente da vergognarsi a chiedere. È la forza che ferma i fiumi e le guerre. È quando ci rendiamo conto che da soli non ce la facciamo e cominciamo a chiedere. Qualcuno che ascolta c’è.

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