“Il fascismo portò l’Italia alla catastrofe”. “La resistenza fu la rivolta morale dei patrioti”. “Dalla resistenza venne la spinta a rigettare le ambiguità”. “La Costituzione è figlia della lotta antifascista”. Sergio Mattarella, parlando a Cuneo in occasione del 25 aprile, ha usato parole nette e chiare sulla Festa della Liberazione dal nazifascismo e sul suo significato. Una presa di posizione precisa, arrivata dopo giorni di ambiguità dell’esecutivo e dopo la pubblicazione della lettera di Giorgia Meloni al Corriere della sera dove la premier prende le distanze da “qualsiasi nostalgia del fascismo” senza però dire molto di più. E soprattutto, senza partecipare a nessuna iniziativa ufficiale oltre alla cerimonia all’Altare della Patria. Mentre il Capo dello Stato, a conclusione del suo discorso, ha dichiarato: “Come recita la lapide apposta al Municipio di questa città, nell’ottavo anniversario dell’uccisione di Galimberti, se mai avversari della libertà dovessero riaffacciarsi su queste strade troverebbero patrioti. Come vi è scritto: ‘morti e vivi collo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre Resistenza‘”. E ha chiuso: “Viva la Festa della Liberazione! Viva l’Italia!”.

Mattarella, parlando davanti al teatro Toselli di Cuneo, ha scelto di esordire con la celebre frase di Piero Calamandrei a un gruppo di studenti alla Società Umanitaria, a Milano, nel 1995: “Se volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”. Per questo, ha aggiunto Mattarella, “è qui allora, a Cuneo, nella terra delle 34 Medaglie d’oro al valor militare e dei 174 insigniti di Medaglia d’argento, delle 228 medaglie di bronzo per la Resistenza. La terra dei dodicimila partigiani, dei duemila caduti in combattimento e delle duemilaseicento vittime delle stragi nazifasciste. È qui che la Repubblica celebra oggi le sue radici, celebra la Festa della Liberazione”. Solo pochi giorni fa, la seconda carica dello Stato Ignazio La Russa (che dopo la cerimonia all’Altare della Patria ha voluto andare a Praga per ricordare Jan Palach e ha scelto di non partecipare ad altre celebrazioni in Italia), era arrivato a dire che “nella Costituzione non si parla di antifascismo.

Toni, quelli usati dai massimi esponenti del governo, che niente hanno a che vedere con quelli scelti dal presidente della Repubblica. Che invece ha voluto ribadire la posizione dello Stato italiano e della sua Costituzione. “‘La guerra continua’ affermò, nella piazza di Cuneo che reca oggi il suo nome, Duccio Galimberti, il 26 luglio del 1943″, ha ricordato Mattarella nel suo lungo discorso. “Una dichiarazione di senso ben diverso da quella del governo Badoglio. ‘Continua – proseguiva Galimberti – fino alla cacciata dell’ultimo tedesco, fino alla scomparsa delle ultime vestigia del regime fascista, fino alla vittoria del popolo italiano che si ribella contro la tirannia mussoliniana; non possiamo accodarci ad una oligarchia che cerca, buttando a mare Mussolini, di salvare se stessa a spese degli italiani'”. E, ha detto il Capo dello Stato, fu “un giudizio netto e rigoroso. Un discorso straordinario per lucidità e visione del momento. Che fa comprendere appieno valore e significato della Resistenza. E fu coerente, salendo in montagna. Assassinato l’anno seguente dai fascisti, è una delle prime Medaglie d’oro della nuova Italia; una medaglia assegnata alla memoria. Il “motu proprio” del decreto luogotenenziale recita: “Arrestato, fieramente riaffermava la sua fede nella vittoria del popolo italiano contro la nefanda oppressione tedesca e fascista”; ed è datato, con grande significato, “Italia occupata, 2 dicembre 1944”.

Mattarella ha anche stigmatizzato “le parole ingannevoli” del fascismo, molte delle quali continuano a riempire discorsi politici di oggi: “Dopo l’8 settembre il tema fu quello della riconquista della Patria e della conferma dei valori della sua gente, dopo le ingannevoli parole d’ordine del fascismo: il mito del capo; un patriottismo contrapposto al patriottismo degli altri in spregio ai valori universali, che animavano, invece, il Risorgimento dei moti europei dell’800; il mito della violenza e della guerra; il mito dell’Italia dominatrice e delle avventure imperiali nel Corno d’Africa e nei Balcani. Combattere non per difendere la propria gente ma per aggredire. Non per la causa della libertà ma per togliere libertà ad altri“. Ed è in questo senso che ha aggiunto: “La Resistenza fu anzitutto rivolta morale di patrioti contro il fascismo per il riscatto nazionale. Un moto di popolo che coinvolse la vecchia generazione degli antifascisti”.

Il Capo dello Stato ha quindi reso omaggio a chi, in quella lotta, ha perso la vita. “Stamane, con le altre autorità costituzionali, ho deposto all’Altare della Patria una corona in memoria di quanti hanno perso la vita per ridare indipendenza, unità nazionale, libertà, dignità, a un Paese dilaniato dalle guerre del fascismo, diviso e occupato dal regime sanguinario del nazismo, per ricostruire sulle macerie materiali e morali della dittatura una nuova comunità”. E la Repubblica tutta, ha detto Mattarella, si inchina alla loro memoria: “L’elenco delle località colpite nel Cuneese compone una dolorosa litania e suona come preghiera. Voglio ricordarle. Furono decorate con medaglie d’oro, d’argento o di bronzo, o con croci di guerra: Cuneo, l’intera Provincia, Alba, Boves, Borgo San Dalmazzo, Dronero; Clavesana, Peveragno, Cherasco, Busca, Costigliole Saluzzo, Genòla, Trinità, Venasca, Ceva, Pamparato; Mondovì, Priola, Castellino Tanaro, Garessio, Roburent, Paesana, Narzòle, Rossana, Savigliano; Barge, San Damiano Macra, Villanova Mondovì. Alla memoria delle vittime e alle sofferenze degli abitanti la Repubblica si inchina“.

Ecco che allora, è proprio la Costituzione a essere figlia della lotta antifascista. A differenza di quanto predicato in discorsi di propaganda e, in ultimo, dallo stesso presidente del Senato. Mattarella nel suo discorso ha voluto ribadire alcuni dei valori fondativi dello Stato italiano: “La crisi del Paese esigeva un momento risolutivo, per una nuova idea di comunità, dopo il fallimento della precedente”, ha detto. “Si trattava di trasfondere nello Stato l’anima autentica della Nazione. Di dare vita a una nuova Italia. Impegno e promessa realizzate in questi 75 anni di Costituzione repubblicana. Una Repubblica fondata sulla Costituzione, figlia della lotta antifascista“. Perché “le Costituzioni nascono in momenti straordinari della vita di una comunità, sulla base dei valori che questi momenti esprimono e che ne ispirano i principi. Le “Repubbliche” partigiane, le zone libere, furono anticipatrici, nelle loro determinazioni, nel loro operare, della nostra Costituzione“. E ancora: “La Costituzione sarebbe stata la risposta alla crisi di civiltà prodotta dal nazifascismo, stabilendo il principio della prevalenza della persona e delle comunità sullo Stato, guardando alle autonomie locali e sociali dell’Italia come a un patrimonio prezioso da preservare e sviluppare. Una risposta fondata sulla sconfitta dei totalitarismi europei di impronta fascista e nazista per riaffermare il principio della sovranità e dignità di ogni essere umano – autonoma identità – sulla pretesa di collettivizzazione in una massa forzata al servizio di uno Stato, in cui l’uomo appare solo un ingranaggio”. E tra i sogni che non si sono ancora realizzati quello di “una Costituzione per l’Europa nonostante i lodevoli tentativi di conseguirla”.

Il fascismo, ha detto Mattarella, portò l’Italia “nella catastrofe”. “Dura fu la lotta per garantire la sopravvivenza dell’Italia nella catastrofe cui l’aveva condotta il fascismo”, ha detto. “Ci aiutarono soldati di altri Paesi, divenuti amici e solidi alleati: tanti di essi sono sepolti in Italia. Accanto agli ebrei cuneesi che non riuscirono a sfuggire alla cattura, la più parte di loro era di nazionalità polacca, francese, ungherese e tedesca. Si trattava di ebrei che, dopo l’8 settembre, avevano cercato rifugio dalla Francia in Italia ma dovettero fare i conti con la Repubblica di Salò. Profughi alla ricerca della salvezza, della vita per sé e le proprie famiglie, in fuga dalla persecuzione, dalla guerra, consegnati alla morte per il servilismo della collaborazione assicurata ai nazisti”. Mentre “è dalla Resistenza che viene la spinta a compiere scelte definitive per la stabilità delle libertà del popolo italiano e del sistema democratico, rigettando le ambiguità che avevano permesso lo stravolgimento dello Statuto albertino operato con il fascismo”.

Quindi Mattarella ha usato un’altra parola molto cara alle destre: identità. E ha ricordato quella che è l’identità italiana uscita dalla lotta al fascismo: “Il frutto del 25 aprile è la nostra Costituzione. Il 25 aprile è la Festa della identità italiana, ritrovata e rifondata dopo il fascismo. E’ nata una democrazia forte e matura nelle sue istituzioni e nella sua società civile, che ha permesso agli italiani di raggiungere risultati inimmaginabili”.

Infine, il presidente della Repubblica ha voluto celebrare chi “onora” la Resistenza ogni giorno. “Sulla scia di quei “visionari” che, nel pieno della tragedia della guerra e tra le macerie, disegnavano la nuova Italia di diritti e di solidarietà, desidero sottolineare che onorano la Resistenza, e l’Italia che da essa è nata, quanti compiono il loro dovere favorendo la coesione sociale su cui si regge la nostra comunità nazionale”. E ancora: “Onorano la Resistenza i medici e gli operatori sanitari che ogni giorno non si risparmiano per difendere la salute di tutti. Onorano la Resistenza le donne e gli uomini che con il loro lavoro e il loro spirito di iniziativa rendono competitiva e solida l’economia italiana”. Mattarella ha anche voluto rendere omaggio a chi paga le tasse, con un messaggio molto simile a quello usato nel suo discorso di fine anno: “Onorano la Resistenza quanti non si sottraggono a concorrere alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva“, ha detto. “Il popolo del volontariato che spende parte del proprio tempo per aiutare chi ne ha bisogno. I tanti giovani che, nel rispetto degli altri, si impegnano per la difesa dell’ambiente”. Poi ha chiuso: “Tutti coloro che adempiono, con coscienza, al proprio dovere pensando al futuro delle nuove generazioni”.

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