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Il disastro della campagna “Open to Meraviglia” di Daniela Santanché. Spesi 9 milioni, il ministero non ha registrato il sito

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Non esattamente una meraviglia la gestione della nuova campagna pubblicitaria “Open to Meraviglia” che dovrebbe “promuovere l’Italia nel mondo”. L’iniziativa voluta dalla ministra del Turismo Daniela Santanché ha raccolto per ora più che altro sberleffi e indignazione per il cattivo gusto. Parto della blasonata agenzia Armando Testa, è costata ai contribuenti 9 milioni di euro. Riciclata l’idea della Gioconda usata per l’acqua Ferrarelle, il risultato è una povera Venere di Botticelli sottoposta ad una specie di filtro Instagram e poi piazzata davanti a pizze in quelle che vengono definite dal ministero “mete iconiche”. Ma quanto sia stata sciatta la gestione dell’iniziativa lo racconta però anche la vicenda del dominio internet che anche un esperto di comunicazione alle prime armi si sarebbe premunito di acquistare per tempo, anche perché il costo è irrisorio. Invece no, quando due giorni fa la campagna è stata lanciata, il dominio era ancora libero.

Come facilmente prevedibile, dopo l’annuncio, sono arrivate diverse richieste di registrazione per il dominio www.opentomeraviglia.it (il .com risulta al momento ancora non assegnato, segnaliamo alla ministra, ndr), tra cui non c’era però il ministero del Turismo. C’era invece anche quella di un utente che progettava di reindirizzare la pagina alla categoria “gay interacial” del sito di Pornhub. Le richieste vengono però processate in base alla cronologia con cui vengono presentate. Alla fine l’hanno spuntata due consulenti di marketing che raccontano la vicenda su quella che è ora la loro pagina. A questo punto il ministero può rinunciare oppure fare un’offerta ai legittimi titolari della pagina che decideranno se accettare o meno. Tanti o pochi, altri soldi pubblici buttati.

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