L’esercito si scontra con i paramilitari delle Forze di sostegno rapido (Rsf) del generale Mohamed Hamdane Daglo, che riferiscono di avere preso il controllo del palazzo presidenziale e l’aeroporto di Khartoum e Merowe, capitale del Sudan. Notizie che vengono bollate come “bugie” dall’esercito, che nel corso degli scontri ha usato armi leggere e pesanti. Gli spari di sabato mattina sono stati uditi in diverse aree della città, tra cui il centro e il quartiere di Bahri. In una dichiarazione rilasciata sabato mattina, le Fsr – che godono del sostegno dei mercenari del gruppo russo Wagner, al fronte in Ucraina – hanno accusato l’esercito di aver attaccato le sue forze in una delle sue basi a sud di Khartoum. Tre le vittime, tutte civili.

L’inviato delle Nazioni Unite in Sudan, Volker Perthes, ha invitato soldati e paramilitari a cessare “immediatamente” i combattimenti. “Perthes ha contattato entrambe le parti per richiedere l’immediata cessazione delle ostilità per la sicurezza del popolo sudanese e per risparmiare al Paese ulteriori violenze”, si legge in una dichiarazione della missione delle Nazioni Unite in Sudan. E il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, precisando che “l’ambasciata, pienamente operativa, ha avvisato i connazionali di restare in casa”, fa appello al dialogo e alla cessazione delle violenze. Stessa richiesta che arriva dal ministero degli Esteri russo, che chiede “alle parti in conflitto di mostrare volontà politica e moderazione e di compiere immediatamente passi verso un cessate il fuoco”.

Gli scontri – “I combattimenti, iniziati nella parte sud di Khartoum, si sono rapidamente diffusi attraverso il Nilo fino alla città gemella di Omdurman, dove residenti hanno detto che uomini armati hanno circondato gli studi dell’emittente statale”, riferisce il New York Times. Un funzionario delle Nazioni Unite, che ha riferito di spari vicino alla sua casa nel centro della città, ha detto di aver ricevuto segnalazioni di combattimenti nei quartieri di Riyadh, Khartoum 2, Manshiya e Soba: “letteralmente ovunque”, ha detto. Anche John Godfrey, ambasciatore Usa in Sudan, racconta di una situazione critica nella capitale sudanese: “Sono arrivato ieri a tarda notte a Khartoum e mi sono svegliato oggi con i suoni profondamente inquietanti degli spari e dei combattimenti. Attualmente mi sto rifugiando con il team dell’ambasciata, come stanno facendo i sudanesi di Khartoum e altrove. L’escalation delle tensioni all’interno della componente militare è estremamente pericolosa. Chiedo urgentemente agli alti dirigenti militari di fermare i combattimenti”.

Le milizie e le tensioni con l’esercito – I paramilitari hanno inoltre annunciato su Twitter “l’espulsione degli aggressori” (le forze del governo, accusate dalle Fsr di avere attaccato il loro quartier generale nell’area di Soba, nel sud della capitale) e di avere “il controllo dell’aeroporto di Khartoum“. Le forze armate del governo “hanno attaccato contemporaneamente i siti e il quartier generale delle Forze di supporto rapido a Khartoum, Marawi e altre città”, si legge nei tweet delle Fsr, che “si sono difese e hanno risposto alle forze ostili, infliggendo loro pesanti perdite”. Inoltre, le Fsr hanno annunciato di controllare anche “l’aeroporto di Merowe”. “In questa delicata circostanza nella storia della nostra nazione, le Forze di supporto rapido invitano tutti i cittadini a stare al loro fianco e continueranno i loro sforzi per proteggere le conquiste del paese e la gloriosa, vittoriosa rivoluzione del suo popolo”, affermano.
Emergency chiude il centro pediatrico – Nel pomeriggio di sabato Emergency ha fatto sapere di aver dovuto chiudere il Centro pediatrico di Mayo, alle porte della capitale, ed evacuare lo staff a causa degli scontri. “Al momento abbiamo rimodulato l’attività nei nostri centri. Nel Centro Salam di cardiochirurgia a Khartoum molti membri dello staff sudanese non possono tornare a casa per motivi di sicurezza e rimarranno qui”, ha spiegato Muhameda Tulumovic, direttrice del programma dell’ong nel Paese africano. Le notizie che giungono dalle città dove operano altri due centri pediatrici dell’ong riferiscono di “forze dell’ordine, esercito e carri militari in strada a Port Sudan, pronti a intervenire in caso del diffondersi degli scontri anche se al momento la situazione è ancora sotto controllo. A Nyala, aeroporto e negozi chiusi e forze armate appena fuori dalla città”.
Le tensioni tra l’esercito e le Forze di supporto rapido si sono intensificate negli ultimi mesi e hanno costretto a ritardare la firma di un accordo sostenuto a livello internazionale con i partiti politici per rilanciare la transizione democratica del Paese dopo la deposizione operata congiuntamene da esercito e paramilitari dell’autocrate Omar al-Bashir nel 2019. Le attuali tensioni tra l’esercito e i paramilitari derivano da un disaccordo sulle modalità di integrazione delle Fsr nell’esercito. Tuttavia, la rivalità tra esercito e Fsr risale al governo di al-Bashir. Sotto l’ex presidente, la forza paramilitare – guidata dal potente generale Mohammed Hamdan Dagalo – si è sviluppata notevolmente, integrando soprattutto membri delle ex milizie locali, note come Janjaweed, protagoniste della brutale repressione nella regione sudanese del Darfur durante i decenni di conflitto.
In serata l’Unione africana ha lanciato un appello a “fermare la distruzione del Sudan, il terrore e lo spargimento di sangue durante gli ultimi 10 giorni di Ramadan“. Il presidente Moussa Faki Mahamat, scrive la Bbc, ha esortato “i partiti politici e militari a trovare una giusta soluzione politica alla crisi sorta dopo il colpo di stato del 25 ottobre 2021 e alle sue disastrose conseguenze”. L’adesione del Sudan all’Unione africana è stata sospesa nel giugno 2019. L’Ua è composta da 55 Stati di tutto il continente. Intanto il Ciad ha annunciato la chiusura del suo confine con il Sudan.
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