Il fatto che venerdì 31 marzo il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov abbia presentato al mondo il nuovo “Concetto della politica estera” è passato quasi per una notizia per “addetti ai lavori”, buona solo per discutere su una ipotetica futura alleanza tra Cina, India e Russia. Eppure, trascorsi più dieci giorni, il “concetto 2023” merita di essere analizzato “a freddo” insieme alle reazioni degli alleati, degli amici e dei competitor di Mosca.

Innanzitutto, va spiegato di di che cosa si tratta. Ha sostituito un precedente documento, entrato in vigore nel 2016, in un momento in cui i rapporti con l’Occidente erano già condizionati dai fatti di Maidan, dall’occupazione della Crimea e dall’invasione del Donbass. I “concetti sulla politica estera” sono i manuali che il ministero degli Esteri – insieme al Cremlino – trasmette a tutte le sedi diplomatiche e alle agenzie della Federazione Russa con le basi dottrinali e le indicazioni sulle politiche e le posizioni ufficiali da tenere in materia di relazioni con gli Stati, le organizzazioni e le varie crisi internazionali: insomma, è lo standard per il diplomatico e il funzionario russo.

Dall’epoca di Boris Eltsin fino alla prima presidenza Putin ci eravamo abituati a “concetti” scritti spesso con riferimenti alla cooperazione con gli amici occidentali, alla collocazione della Russia in un quadro di partenariato con la Nato. Eravamo negli anni in cui la Nato a trazione americana poneva fine alla guerra in Bosnia, piegava la Serbia, riusciva a metter fine al regime talebano in gran parte dell’Afghanistan e invadeva l’Iraq con incredibile rapidità, mentre la Russia era capace di risolvere il problema ceceno in casa.

Negli anni successivi i “concetti” cambiarono: l’obiettivo della Russia divenne un sistema policentrico di relazioni internazionali, in cui essere uno dei principali centri di potere mentre lamentavano la tendenza verso il dominio Usa. Questo tra il secondo e il terzo mandato di Putin, mentre gli americani facevano la guerra in Libia, contro l’Isis e la perdevano in Iraq e Afghanistan. Nel “Concetto 2023” c’è una evidente escalation nei toni: gli Usa ora sono “il principale ispiratore, organizzatore ed esecutore dell’aggressiva politica anti-russa dell’Occidente collettivo, la fonte dei maggiori rischi per la sicurezza della Russia, la pace internazionale e lo sviluppo equilibrato, equo e progressivo dell’umanità”. Di conseguenza, Mosca detta ai suoi rappresentanti all’estero la linea da tenere in merito ai rapporti con Washington: la Russia è disponibile a mantenere la parità strategica e la coesistenza pacifica con gli Stati Uniti e a stabilire un equilibrio di interessi tra i due Paesi a condizione che gli Stati Uniti abbandonino la loro politica di dominio e passino da opposizione a cooperazione con la Russia. “Fondamentale, nel nuovo concetto, è garantire gli interessi della Federazione Russa negli oceani, nello spazio e nello spazio aereo” e, molto interessante nell’attuale situazione, “proteggere i cittadini e le organizzazioni russe da invasioni straniere illegali, sostenere i connazionali che vivono all’estero e fornire cooperazione internazionale nel campo dei diritti umani“.

La prima reazione è stata dello stesso Lavrov, i cui commenti hanno forse rubato la scena al “concetto”: “La logica del documento, ha chiosato, riflette le mutevoli circostanze geopolitiche che hanno ricevuto un’accelerazione visibile con l’inizio dell’’operazione militare speciale“, ha detto il ministro. Ha quindi aggiunto: “In particolare, si afferma il livello senza precedenti di tensione internazionale nell’ultimo decennio. È riconosciuta la natura esistenziale delle minacce alla sicurezza e allo sviluppo del nostro Paese, create dalle azioni di Stati ostili. Il principale iniziatore e conduttore della linea antirussa” è indicato direttamente negli Stati Uniti d’America e, in generale, nella politica dell’Occidente, “volta all’indebolimento a tutto tondo della Russia, caratterizzata come una guerra ibrida di un nuovo tipo”.

Pronta è stata la risposta positiva della Bielorussia che condivide “la visione della Russia riguardo alla costruzione di un ordine mondiale multipolare più equilibrato ed equo. Procediamo anche dal rifiuto dell’egemonia negli affari internazionali, dall’inammissibilità dell’intervento negli affari interni degli Stati sovrani e dall’imposizione dei loro modelli di sviluppo, sistemi ideologici e di valori su altri Paesi. Sosteniamo pienamente il principio dell’indivisibilità della sicurezza negli aspetti globali e regionali”.

Il ministro degli Esteri cinese, dal canto suo, ha risposto all’invito contenuto nel “concetto” a “rafforzare e approfondire le relazioni con Cina e India” sostenendo che “poiché il panorama internazionale e regionale sta affrontando cambiamenti profondi e complessi, siamo pronti a rafforzare la comunicazione con la comunità internazionale, comprese Russia e India, e inviare un segnale positivo al mondo sulla difesa del vero multilateralismo e sulla risposta congiunta alle sfide globali“. Nota a parte: da tre anni le relazioni tra Pechino e Nuova Delhi sono bloccate dopo uno scontro di frontiere con 24 soldati morti da ambo le parti.

Il concetto introduce per la prima volta il termine, fino a poche settimane fa gergale e informale, di “Paesi anglosassoni” come competitor della Russia: anche per questo, il collega di Lavrov a Londra si è lamentato ricordando che il Pesce d’Aprile sarebbe stato il giorno dopo, non il 31 marzo.

Insomma, il “concetto 2023” arriva dopo più di un anno dall’invasione dell’Ucraina per mettere una toppa alla “dottrina russa” e per dare alla politica estera del Cremlino una linea coerente. Suona strano che i molti commentatori vi abbiano letto solo un invito al multi-centrismo e la base per una futura, estremamente improbabile, alleanza tra Mosca, Nuova Delhi e Pechino, mentre la vera novità è l’aver indicato gli Stati Uniti (e il Regno Unito) per la prima volta come una minaccia strategica.

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