I disoccupati in Spagna sono al minimo dal 2008. Secondo il ministero del Lavoro le persone senza occupazione sono 2 milioni e 862.260, oltre 48mila in meno di febbraio (in Spagna la popolazione è formata da circa 47 milioni di persone). A fare l’analisi dei dati sono alcuni tra i principali media del Paese, come l’agenzia di stampa Efe (la più autorevole in Spagna) e il quotidiano progressista El Paìs. Il ministero del Lavoro è guidato dalla vice del premier Pedro Sànchez, Yolanda Diaz, che proprio domenica ha annunciato la sua candidatura a capa del governo, uscendo dall’alleanza con Podemos e formando un’unione di sinistra e ambientalista, che si chiama Sumar.

Il ministero della Previdenza sociale, da parte sua, ha comunicato che a marzo sono stati creati 206mila posti di lavoro. “È una cifra straordinaria, che non ha precedenti”, ha sostenuto il titolare di questo dicastero, José Luis Escrivá, ai microfoni della radio Cadena Ser. Stando ai dati del suo ministero, sul totale delle persone attive professionalmente l’86% ha un contratto a tempo indeterminato. I contratti temporanei, quindi sono passati dal 30% al 14% del totale nei 15 mesi di validità di una riforma del mercato del lavoro promossa dal governo, in particolare dalla ministra Díaz, in accordo con sindacati e industriali.

Proprio oggi alla sfida della Spagna contro il lavoro precario ha dedicato un lungo articolo il Financial Times che ne sottolinea i “successi” citando il calo del tasso di lavoratori a tempo determinato, sceso dal 26 per cento del 2021 al 18 dello scorso anno, non lontano dalla media dell’Eurozona del 14,6. Per gli under 30, specifica il giornale economico, la flessione è stata dal 58 al 39. “La domanda – si chiede ancora il FT – è cosa viene dopo. La Spagna ha ancora una quota piuttosto elevata di lavoro temporaneo e le riforme non sono ancora state testate in una fase di recessione. È anche troppo presto per sapere se a lungo termine aumenteranno la formazione e la produttività”. Peraltro, aggiunge ancora il giornale, c’è una lezione ancora più importante. “Negli ultimi dieci anni – si legge – è diventato di moda vedere la crescente insicurezza come una conseguenza naturale dei cambiamenti nel lavoro del Duemila. Ma in Spagna, almeno, si scopre che non era qualcosa di inevitabile a cui i politici dovevano adattarsi. Era solo un problema che dovevano risolvere”.

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