Il nome dell’associazione viene da un errore, ma indica una sorta di destinazione immaginaria che chi si mette in mare vuole raggiungere. Si chiama Maldusa ed è una nuova associazione che vuole facilitare la libertà di movimento delle persone migranti. È stata fondata dopo l’incontro di circa cinquanta attivisti di varie organizzazioni in tutto il mondo, che ad un certo punto hanno deciso di condividere le informazioni e facilitare i salvataggi in mare.

Oltre a due stazioni di ricerca e documentazione aperte e appena inaugurate a Palermo e a Lampedusa, ci sarà anche una piccola imbarcazione veloce che dalla prossima estate monitorerà e soccorrerà chi è in difficoltà nel mar Mediterraneo. Le due stazioni si concentreranno sulla ricerca e l’incontro tra realtà locali e transnazionali, in collaborazione con attivisti e attiviste, persone in movimento e organizzazioni esistenti nel Nord e nel Sud del Mediterraneo. La stazione di Lampedusa si impegna nella documentazione delle traversate marittime dalla Libia e dalla Tunisia verso l’Italia e Malta, al fine di facilitare l’intervento diretto. Maldusa cercherà di mappare e monitorare ciò che accade alla frontiera, ascoltando le persone che hanno vissuto la traversata, supportandole nel raccontare le proprie storie e le loro istanze. A Palermo, l’associazione culturale Maldusa cerca di collegare una moltitudine di realtà impegnate nelle lotte antirazziste e nell’attivismo per i diritti delle persone migranti, oltre a supportare la costruzione di ponti tra le comunità oggi basate o di passaggio a Palermo e i loro luoghi di origine.

Il nome dell’associazione nasce da un aneddoto: un giorno da qualche parte nel mezzo del Mar Mediterraneo, una barca partita dalla Libia, diretta verso nord, perse l’orientamento dopo diverse ore in mare – raccontano gli attivisti – Le persone a bordo si misero in contatto Alarm Phone per chiedere supporto nel loro viaggio. La persona che rispose al telefono chiese a chi era a bordo dove si stessero dirgendo, quale fosse la loro destinazione. La persona sulla barca rispose che erano dirette verso ‘Maldusa’. Confusa, l’attivista di Alarm Phone chiese se desiderassero raggiungere Malta o Lampedusa. “Maldusa, Maldusa! Andiamo a Maldusa!” ripeté la persona sulla barca, questa volta in modo molto chiaro e piena di entusiasmo. “Maldusa – raccontano gli attivisti – è una terra immaginaria da qualche parte nel Mar Mediterraneo, una destinazione immaginata di speranza e libertà. Uno spazio che, ogni giorno, cerchiamo di costruire e di rendere reale attraverso le nostre lotte, mano nella mano con le persone che attraversano e sfidano le frontiere d’Europa”.

Una delle primissime azioni di Maldusa è stata quella di chiedere la predisposizione di una rete wi-fi liberamente accessibile dentro l’HotSpot di Lampedusa. “Comunicare è un bisogno essenziale, che diviene fondamentale in situazioni di limitazione della libertà personale. – spiegano gli attivisti – Questo è il caso delle persone che transitano dall’HotSpot di Lampedusa dopo essere sopravvissute all’attraversamento del Mediterraneo centrale, una tratta estremamente pericolosa, durante il quale si perde ogni contatto con famiglie, amici o amiche. In una situazione di estrema incertezza, in cui le persone si sentono bloccate e abbandonate senza alcuna possibilità di vivere una vita normale e soddisfacente a Lampedusa, l’HotSpot è un ambiente che mette a dura prova chi lo attraversa”.

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