Con l’esibizione del duo pianistico Faccini si è conclusa il 29 marzo la rassegna “Musica Insieme in Ateneo” (MIA), cinque appuntamenti musicali, una vera chicca nel ricco panorama musicale bolognese. Avviata nel 1997, MIA è un esempio di co-progettazione fra l’Università di Bologna e un’associazione privata, “Musica Insieme”. Il ciclo offre concerti gratuiti agli studenti (prezzo ‘politico’ al pubblico generico), e da sempre consente di ascoltare concertisti di vaglia – in passato Mario Brunello, Bruno Canino, Uto Ughi, Antonio Ballista, Jeffrey Swann, Ton Koopman, Uri Caine – accanto a valorosi giovani già in carriera, scelti di sovente fra i vincitori di concorsi e premi di rango: Busoni, Alberghini, “Premio AMUR per i nuovi talenti” eccetera. Per meglio celebrare i venticinque anni, in occasione di ogni concerto, MIA ha offerto anche una matinée al Day Hospital oncologico dell’Ospedale S. Orsola: iniziativa di grande valore umano e sociale, alla quale la Fondazione Sant’Orsola e la Banca di Bologna, che ha sponsorizzato l’iniziativa, hanno aderito con entusiasmo.

Elia e Betsabea Faccini, insigniti dei premi Abbado e AMUR, sono giovani concertisti dalle doti tecniche e musicali ammirevoli. Nelle loro mani il pianoforte si colora di mille suoni e nuances, esprime dolcezze, furori, gioie, abbandoni. Nei sei Morceaux op. 11 di Sergej Rachmaninov (1894) il Duo fa sfoggio di sonorità e visioni musicali fantasmagoriche: pianissimi carezzevoli nella Barcarolle e nella Romance, ammiccamenti spiritosi nello Scherzo, avvolgente morbidezza nella Valse, sonorità robuste, pesanti, perfin metalliche nel Teme russe e in Slava. Esecuzione altrettanto fascinosa per le trascrizioni che lo stesso Duo ha fatto dal Pas de deux dello Schiaccianoci di Pëtr Il’ič Čajkovskij (1891-92), e delle Danze polovesiane dal Principe Igor’ di Aleksandr Borodin (1879). Chiudeva il programma uno smagliante capolavoro, la Rapsodie spagnole op. 54 di Maurice Ravel (1907/08), della quale, com’è noto, esiste anche una versione orchestrale. I Faccini ne hanno offerto un’interpretazione nitida, bilanciando virtuosismo e cantabilità, poetici abbandoni e incalzanti ritmi di danza.

Rachmaninov ha punteggiato tutti i concerti della stagione 2023 di MIA, giacché ricorrono i 150 anni dalla nascita. Del Trio élégiaque n. 1 in Sol minore – reputato perduto per anni, conservato invece da un amico del compositore – il Trio Eidos (Francesco Mardegan violino, Stefano Bruno violoncello, Giulia Loperfido pianoforte) ha donato un’esecuzione magnifica. I tre concertisti, tutti classe 2000, anche loro selezionati dal Premio AMUR, hanno altresì offerto una lettura quasi commovente del Trio op. 90, Dumky, di Antonín Dvořák. In sei tempi, completato a Praga nel 1891, è un esempio insigne di fusione fra suggestioni popolari e strutturazione classica. Dolcezza infinita, struggente malinconia si alternano ai ritmi eccitati e al virtuosismo nervoso: i tre giovani artisti galvanizzano l’attenzione con un’interpretazione sobria e asciutta, che però, nei punti focali, esplode in sonorità veementi. Il concerto prevedeva anche Un breve racconto notturno di Fabio Massimo Capogrosso, compositore affermato (1984), e quest’anno nominato compositore in residenza della Filarmonica Arturo Toscanini di Parma. Il brano, che ha vinto il New Music Festival della Università of California, è di grande suggestione: passa dal silenzio pressoché impercettibile e da una temporalità sospesa a ritmi percussivi e accelerazioni spasmodiche. Una scrittura limpida, moderna, ma con stretti agganci alla tradizione.

Una caratteristica importante della rassegna è la collaborazione, ormai decennale, con il Collegium Musicum Almae Matris, ossia il Coro e l’Orchestra dell’Università: ogni anno il cartellone include un suo concerto. Il 15 marzo, sotto la direzione autorevole di Fabio Sperandio e con la voce sensibile di Elena Borin, ha presentato un brano di rara esecuzione, ma fra i più interessanti della musica americana: Knoxville: Summer of 1915 di Samuel Barber (1947) su testo di James Agee. È un lungo Lied, un quarto d’ora di durata, definito dal compositore “rapsodia lirica”. Un adolescente narra le proprie emozioni e visioni al calar della sera, prima di dormire: il frinire delle locuste, le stelle, l’erba umida, il parlottare dei familiari, un’auto rumorosa, lo sferragliare del tram; poi, infine, il sonno che gli sorride e lo prende fra le braccia. La voce indulge a momenti di lirismo, cui si alternano attimi di ‘quasi parlato’; l’orchestra talvolta sembra volerla sommergere e talaltra sostenerla. Il risultato è un’atmosfera dolce, nella quale si insinua qualche brivido nell’aspettativa dell’ignoto.

Parimenti di alta classe i concerti del 1° febbraio con il magnifico violoncellista Anton Mecht Spronk e il raffinato pianista Pietro Fresa; e del 1° marzo con l’ottimo pianista Nikolay Khozyainov. A questo punto non ci resta che attendere la prossima stagione, per rinnovare il piacere dell’ascolto.

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