Nella coalizione semaforo lampeggia la luce rossa. Tutto fermo, nemmeno circa 20 ore di vertice a oltranza tra i leader della maggioranza sono serviti per trovare un’intesa che sblocchi l’impasse in cui si è infilato il governo del cancelliere Olaf Scholz. I tre partiti che sostengono l’esecutivo di Berlino, Spd, Verdi e Fdp, negli ultimi mesi hanno litigato praticamente su tutto e adesso sono chiamati a ripartire da un accordo su alcune tematiche fondamentali: dallo stop ai riscaldamenti a gasolio e gas ai piani di sviluppo delle autostrade, fino all’assicurazione di base per i bambini. Oltre i singoli nodi, però, sono le visioni opposte di Verdi e Liberali (Fdp) a impedire ad oggi qualsiasi compresso. Da un lato la spinta verso la transizione energetica e la protezione del clima, dall’altro il pareggio di bilancio che è il chiodo fisso del falco Christian Lindner, leader di Fdp e attuale ministro delle Finanze. Le ripicche e i veti incrociati tra i due partiti della coalizione tedesca hanno avuto i loro riflessi anche in Europa. Da un lato il ministro liberale dei Trasporti Volker Wissing ha tenuto in ostaggio l’accordo sul bando ai motori a combustione dal 2035, ottenendo come voleva un esplicito via libera ai carburanti sintetici (e-fuel). Mentre Lindner sta giocando la sua partita per la revisione del Patto di Stabilità: al tavolo delle trattative sembra rappresentare più la coalizione dei falchi che il governo di cui fa parte.

Il vertice fiume – Lo scontro tra Verdi e Fdp prima o poi sarebbe stato inevitabile. La Spd e Scholz hanno provato a tenere insieme nella coalizione semaforo (chiamata così in Germania per i “colori” dei tre partiti che la compongono) le due anime ma – dopo che per un anno la guerra in Ucraina aveva congelato tutti i dissapori – la condizione attuale ha fatto esplodere la rivalità e diminuito la disponibilità al compromesso. Tanto che adesso la Germania si ritrova a fronteggiare uno scenario tipicamente italiano, con la maggioranza che invoca la “verifica”, accuse e ripicche tra ministri e una crisi di governo (praticamente inedita) che diventa ora dopo ora sempre di più una possibilità concreta. Al di là delle frasi di rito – le parti hanno affermato di aver “fatto molti progressi nei colloqui, che sono stati fiduciosi e costruttivi” – l’incontro tra Scholz, Lindner e il co-leader dei Verdi Robert Habeck cominciato domenica sera alle 18.30 non ha ancora portato a nulla. Il vertice è stato interrotto per via delle consultazioni del governo tedesco-olandese già in programma lunedì pomeriggio a Rotterdam e ripartiranno martedì mattina.

I nodi interni – Da mesi la coalizione discute se si debbano costruire più rapidamente solo linee ferroviarie o anche autostrade, come chiesto dalla Fdp. I Verdi, al contrario, rifiutano categoricamente un’espansione più rapida delle autostrade e hanno chiesto un rafforzamento significativo della rete ferroviaria. I Verdi, inoltre, da mesi chiedono al ministro dei Trasporti Wissing un programma immediato con misure sufficienti per ridurre definitivamente le emissioni di Co2. L’Fdp, al momento, si è opposta a proposte su un limite di velocità generale sulle autostrade e alla riforma della tassazione delle auto aziendali. L’altra grande tematica è lo stop ai sistemi di riscaldamento a gas e petrolio: il progetto di Habeck (Verdi) punta ad autorizzare dal 2024 in poi solo impianti che usino almeno al 65% energie rinnovabili. Lo stesso ministro dell’Economia recentemente ha acceso l’ennesima polemica interna al governo, accusando i colleghi in maggioranza di aver fatto trapelare il disegno di legge “volutamente per ledere la fiducia nell’esecutivo”. L’accusa è rivolta principalmente a Lindner, che usa la clava dello Schwarze Null, il pareggio di bilancio che ha voluto ripristinare da quest’anno, per bloccare la riforma. I liberali accusano i Verdi di prevedere troppi aiuti pubblici e con la stessa logica viene bloccata anche la Kindergrundsicherung, l’assicurazione di base per i bambini che punta a uniformare l’assegno familiare e gli altri sussidi a favore delle famiglie con figli per combattere la povertà infantile in Germania.

La crisi dei liberali – Dai circoli interni alla coalizione si dice però che oltre ai progetti specifici, l’incontro fiume serviva anche ad affrontare questioni fondamentali sulla cooperazione e sul corso della maggioranza di governo. Che la cooperazione sia andati in frantumi nelle ultime settimane si è visto soprattutto in Europa, dove i liberali hanno cominciato a spingere per i loro interessi e non rispettare più il mandato dell’esecutivo. La ragione risiede soprattutto nella crisi di consensi che il partito di Lindner si trova ad affrontare: la scelta di andare al governo in coabitazione forzata con Spd e Verdi sembra non pagare, tanto che se si tornasse oggi al voto, stando ai sondaggi, la Fdp rischierebbe di restare fuori dal Parlamento, tornata pericolosamente vicina a quel 5% dal quale lo stesso Lindner l’aveva raccolta. La scadenza elettorale più vicina sono le elezioni del prossimo ottobre in Baviera, dove per i liberali la situazione è drammatica: le ultime rilevazioni la collocano tra il 3 e il 5 per cento. Per questo Lindner e i suoi sono tornati a premere sui loro cavalli di battaglia: i Verdi sono di nuovo bollati come il “partito dei divieti” e la disciplina di bilancio è la ragione da sbandierare davanti agli elettori per dire no all’assicurazione di base per i bambini (vale 12 miliardi) oppure al nuovo fondo da 10 miliardi per la Difesa proposta dal ministro Boris Pistorius.

Le conseguenze in Ue – In un’Europa abituata alla razionalità di Angela Merkel, che imponeva l’astensione finché la sua Cdu e la Spd non trovavano la quadra su un argomento, la schizofrenia del governo tedesco sta creando malumori e spaesamento. Ne ha fatto le spese anche l’Italia e il governo Meloni nella trattativa sulla messa al bando del motore a combustione dal 2035. Berlino ha portato avanti una sua discussione con la Commissione Ue, strappando il via libera agli e-fuel: i veicoli alimentati con combustibili ottenuti con processi alimentati da fonti rinnovabili e combinando idrogeno e monossido di carbonio continueranno a poter essere immatricolati anche dopo il 2035. Una vittoria del ministro liberale Wissing che ha avuto il pieno appoggio del leader del suo partito, Lindner, ma non del resto della coalizione. E lo stesso accaduto poche settimane fa all’Ecofin: il 14 marzo scorso i ministri delle Finanze Ue hanno approvato le linee guida sulle quali la Commissione dovrà fondare le sue proposte di riforma del Patto di Stabilità. Con un giallo dovuto proprio al blitz di Lindner, che inaspettatamente ha messo in discussione la prima bozza di accordo, chiedendo che qualsiasi proposta di Bruxelles venga prima discussa dai 27. In extremis è stata inserita nel documento finale la richiesta alla Commissione di “tenere conto delle opinioni convergenti degli Stati membri e a continuare a confrontarsi con gli Stati membri nelle aree individuate per ulteriori discussioni“.

Il falco Lindner – I paletti posti da Lindner alle linee guida dell’Ecofin sono un presagio di quello che potrà avvenire quando la discussione su un nuovo Patto di Stabilità – ufficialmente da approvare entro la fine dell’anno – entrerà nel vivo. Se con la Spd e i Verdi al governo si poteva pensare in una Germania meno attenta ai criteri dell’austerità, la presenza del falco Lindner alla guida del ministero delle Finanze ha riposizionato Berlino alla guida dei Paesifrugali’, che vogliono dei target annuali predefiniti con impegni sul ritmo di riduzione del debito pubblico: chiedono alla Commissione Ue di fissare criteri numerici sui bilanci che consentano un controllo su quanto concordato dai singoli Stati. In tutto questo, almeno per ora, il cancelliere Scholz resta a guardare, senza prendere posizione, aspettando che passi la tempesta. La sua Spd si barcamena appoggiando di volta in volta una o l’altra parte. La pazienza di Scholz potrebbe rivelarsi una virtù se alla fine, dopo un faticoso compromesso, il suo governo riuscirà a ripartire. Il timore però è la lettura opposta: il suo atteggiamento potrebbe essere sintomo di una carenza di leadership. E per l’Europa una Germania instabile potrebbe diventare un problema via via più grande nei mesi a venire.

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