Migliaia di lavoratori sottoposti a “orari e ritmi di lavoro estenuanti” e ovviamente sottopagati. Per Brt, la storica azienda italiana ex Bartolini attiva nelle spedizioni e colosso della logistica in Italia, la prima per numero di consegne, e per la filiale italiana di Geodis, società dello stesso settore, entrambe controllate da due diversi gruppi francesi a capitale anche statale, è stata disposta l’amministrazione giudiziaria da parte della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano. È questa forma di caporalato, con un “sistematico sfruttamento”, che viene contestata alle due società già finite al centro di tranche di indagini, coordinate dal pm Paolo Storari, con sequestri per un totale di oltre 120 milioni di euro eseguiti dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza milanese. La procura ipotizza una maxi frode fiscale realizzata, come avvenuto per altri casi, attraverso la gestione, ritenuta illecita, dei cosiddetti “serbatoi di manodopera“, ossia lavoratori messi a disposizione, senza nessun tipo di tutela, da società intermediarie e cooperative per le due grandi aziende. Lo scorso 27 gennaio a Brt erano stati congelati 24 milioni di euro.

Dall’inchiesta – che era stata svelata lo scorso dicembre – è emerso ora pure un nuovo dettaglio, ossia che l’ad di Brt Costantino Dalmazio Manti, secondo l’accusa, avrebbe incassato circa un milione di euro di presunte mazzette per far lavorare le cooperative. Manti, avrebbe “ricevuto del denaro dal 2016 al 2022 da alcuni fornitori” della multinazionale. Ad ammettere le dazione sarebbe stato lo stesso Manti in un interrogatorio reso al pm il 6 marzo 2023 e in una memoria depositata. Secondo l’indagine del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano i soldi sarebbero serviti a far sì che Brt effettuasse “controlli sui versamenti Iva da parte delle società fornitrici di facchinaggio” nei suoi appalti dove controllava solo i contributi versati. “Non svolgeva alcun controllo – scrive invece Storari – sulle società che fornivano gli autisti” per il servizio dei corrieri.

Le indagini, infatti, hanno permesso di consentito svelare il meccanismo per cui i committenti, per essere più competitivi sul mercato con prezzi allettanti, e approfittando dello stato di necessità dei lavoratori, li sottoponevano appunto “a orari e ritmi di lavoro estenuanti”. Lavoratori che venivano fatti “transitare” da una società all’altra, di fatto privandoli delle previste forme di tutela assistenziale e previdenziale. “Tali pratiche, oltre che sfavorevoli per i lavoratori, erano tali da influenzare le corrette dinamiche di mercato e di leale concorrenza a discapito delle imprese che invece operano in maniera sana“. Il Tribunale di Milano, stante la gravità e il perdurare delle situazioni accertate, le imponenti dimensioni aziendali in termini di fatturato e lavoratori impiegati, ha ritenuto necessario l’intervento dell’Autorità Giudiziaria per consentire un controllo sugli organi gestori delle due multinazionali. Dopo l’inchiesta della procura su un’altra società di logistica, Dhl, aveva assunto 1500 lavoratori e la procura di Milano aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta.

I vertici di Brt, finiti sotto la lente della procura di Milano, “imponevano alle cooperative di chiudere ogni due anni la compagine sociale e aprirne un’altra al fine di non fare emergere criticità fiscali” che potessero riverberarsi sul colosso della logistica e ed erano “perfettamente consapevoli della inadeguatezza delle tariffe imposte ai fornitori tariffe che non erano certo in grado di coprire i costi e da qui derivavano le evasioni Iva e contributive delle società fornitrici di manodopera” sottolinea il Tribunale.

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