Dopo le levate di scudi di pastai e pizzaioli indignati per le farine di insetti, il governo ha deciso di intervenire con una stretta che comunque non impediranno l’ingresso nel nostro mercato di questi prodotti “esotici”. Soprattutto considerando che gli insetti sulle nostre tavole ci sono già (anche senza che ce ne rendiamo conto). Secondo uno studio condotto dal Centro per lo Sviluppo Sostenibile (CSS) ogni anno in media il consumo inconsapevole di insetti si aggira sui 500 gr. (mezzo chilo). “Questi animali sono dei contaminanti alimentari comuni e la legge italiana ne tollera una piccola percentuale”, ha spiegato Rosantonietta Scramaglia, docente Università IULM e membro Comitato Scientifico CSS al portale “Scienza in rete”. “Ad esempio, un bicchiere di aranciata può contenere fino a 5 moscerini e una barretta di cioccolato fino a 8 parti di insetti; nell’insalata, nelle marmellate, nei succhi di frutta, nelle passate di pomodoro e nelle farine sono in genere presenti parti di insetti, e il colorante alimentare rosso E120 è estratto dalla cocciniglia”.

E se questo è un consumo proprio di “nicchia” (nel senso che si nasconde negli anfratti della nostra alimentazione), è probabile che in futuro la crescita di prodotti a base di insetti subisca una crescita tutt’altro che trascurabile. Secondo quanto riportato dall’Ansa, in base all’ultimo report Nomisma per Cia-Agricoltori Italiani, si stimano al 2030 quasi 400 milioni di consumatori di questi prodotti mentre sul fronte del mercato si parla di una crescita di 180 volte a partire dal 2019 fino al 2025, passando da 500 tonnellate a 90 mila per arrivare a 260 mila nel 2030. E se da qui ai prossimi tre anni si prevede un calo produttivo di insetti interi di quasi il 15%, di contro si stima una crescita in media anche del 5% delle vendite di pane, sostituti della carne e nutraceutici, a base di polvere di insetti. U

no dei punti a favore dell’uso degli insetti nell’alimentazione – sottolineato più volte – è la sostenibilità ambientale. Stante sempre al Centro per lo Sviluppo Sostenibile (CSS): “Gli insetti sono molto efficienti e hanno un alto tasso di conversione del cibo perché sono a sangue freddo e non devono utilizzare energia per mantenere la propria temperatura corporea: ad esempio i grilli hanno bisogno di un cibo sei volte meno dei bovini, quattro volte meno delle pecore e due volte meno dei maiali e dei polli da carne per produrre la stessa quantità di proteine (fonte: FAO). In pratica, per produrre 1 kg di grilli/locuste servono 2 kg di mangime, mentre per produrre 1 kg di bovino occorrono 8 kg di mangime. Anche la resa della carne dopo la lavorazione è molto più elevata per gli insetti ad esempio nei grilli rappresenta l’80% mentre per manzo solamente il 55%, per il maiale il 70% e per l’agnello il 35% (fonte: FAO). Inoltre gli insetti producono quantità molto ridotte di gas serra rispetto al bestiame convenzionale, utilizzano meno acqua potabile e meno terreno a parità di quantità di proteine prodotte. Pertanto, gli insetti commestibili rappresentano un’ottima fonte proteica a base animale”. Certo i puristi della nostra cucina tradizionale storceranno la bocca, e forse alla sostenibilità ambientale risponderanno con una preferenza alla Alberto Sordi per il buon vecchio “maccarone” di grano duro. Ma alla fine – salve le dovute normative, la salute dei consumatori e la sacrosanta trasparenza – grilli o spighe è questione di mero gusto.

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