Dieci anni fa moriva Pietro Mennea, icona leggendaria dello sport italiano. Il 21 marzo 2013 la “Freccia del Sud” ci lasciava all’età di 61 anni a causa di un tumore al pancreas e da quel giorno l’atletica mondiale piange la sua scomparsa. Nella giornata di oggi, a Roma si celebra il suo mito con una cerimonia che si terrà allo stadio dei Marmi: l’orario evoca il suo storico tempo nei 100 metri e, infatti, avrà inizio alle ore 10.01. Inoltre, dal 2013, ogni 12 settembre l’atletica leggera italiana celebra il Pietro Mennea Day, in ricordo del record mondiale dei 200 metri piani a Città del Messico, 1979, con quell’indimenticabile 19″72 che ancora resta la migliore prestazione azzurra di sempre. Il velocista pugliese viene ricordato per i Giochi di Mosca ’80, dove ha realizzato quella magica rimonta sul britannico Allan Wells che gli valse l’oro sui 200 metri e la piena consacrazione.

In questi dieci anni l’Italia dello sprint, ma non solo, ha trovato il modo di celebrare il talento di Filippo Tortu, capace di abbattere nel 2018 il muro dei 10″ sui 100 metri, traguardo che il barlettano sfiorò più volte. E poi di vivere le emozioni più belle, quelle olimpiche di Tokyo, con l’impresa di Marcell Jacobs – oro olimpico dei 100 metri e suo acclamato erede – e della staffetta azzurra 4×100 che stregò il mondo con quella rimonta eccezionale di Tortu, proprio alla Mennea. Le sue falcate scomposte ma estremamente efficaci, legate ad una esplosività nelle caviglie fuori dal comune, restano impresse nell’immaginario collettivo.

Durante questo decennio si sono susseguiti eventi, memorial, celebrazioni, docufilm e anche una miniserie tv su Rai1 del 2015, dal titolo “Pietro Mennea- La freccia del sud“. L’oro olimpico permea tutt’oggi la memoria del popolo italiano talmente tanto da essersi trasformato in un modo di dire: “Ma chi sei, Mennea?“. Su di lui ci sono anche dei simpatici aneddoti: tra i tanti, quello che lo vede giovanissimo sfidare due automobili in velocità su uno stradone di Barletta, sulla lunghezza di 50 metri. Le batté entrambe per poter avere i soldi e comprarsi una bibita o un panino. Si racconta anche che il consiglio di intraprendere gli studi in scienze politiche, corso da seguire in contemporanea con la carriera agonistica, gli venne dato da Aldo Moro, allora ministro degli Esteri.

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