La scorsa settimana l’Iran e l’Arabia Saudita hanno concordato di ristabilire le relazioni diplomatiche in un vertice a Pechino. L’azione diplomatica tra i due paesi è iniziata due anni fa, quando l’ex primo ministro iracheno Mustafa Al-Kadimi ha organizzato alcuni incontri preparatori, e gli incontri più recenti in Oman sono una continuazione rispetto ai precedenti. La parte più interessante della storia non è necessariamente l’accordo in sé, ma il ruolo della Cina come mediatore tra le due parti.

Questa non è la prima incursione della Cina sulla scena mediorientale: alla fine dell’anno scorso il primo vertice arabo-chino a Riyadh ha evidenziato la strategia cinese di impegno con i paesi del Golfo per costruire un futuro condiviso. La posizione pro-Golfo adottata dal presidente cinese Xi Jinping, che ha partecipato al vertice, è stata chiara in relazione all’Iran nella dichiarazione congiunta rilasciata da Arabia Saudita e Cina, in cui entrambe le parti hanno concordato sulla necessità di rafforzare la cooperazione per garantire la natura pacifica del programma nucleare della Repubblica islamica. Entrambi hanno invitato l’Iran a cooperare con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica e “mantenere il regime di non proliferazione e sottolineare il rispetto dei principi di buon vicinato e non interferenza negli affari interni degli stati”.

I cinesi hanno anche rilasciato dichiarazioni su altre questioni nella regione. Sullo Yemen, il presidente cinese ha elogiato l’iniziativa saudita di porre fine alla guerra e ha riconosciuto i suoi sforzi e le iniziative volte a incoraggiare il dialogo tra le parti yemenite. Sugli Emirati Arabi Uniti ha affermato il pieno sostegno a tutti gli sforzi pacifici, compresa l’iniziativa e gli sforzi del Paese per raggiungere una soluzione pacifica alla questione delle tre isole.

Queste posizioni hanno avuto un ruolo importante nella conquista da parte della Cina della fiducia dei paesi del Golfo come mediatore efficace, che può esercitare una pressione produttiva sull’Iran. La tempistica è particolarmente importante in quanto l’Iran sta soffrendo a tutti i livelli, economico, sociale e politico, dando alla Cina più influenza per condizionare le politiche iraniane.

La principale minaccia dell’Iran oggi non viene dall’Arabia Saudita, ma da Israele. Dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo nucleare e l’applicazione delle sanzioni contro l’Iran, il paese ha sofferto di una grave crisi economica. Più recentemente, il coinvolgimento dell’Iran nella guerra in Ucraina con la fornitura di droni alla Russia ha messo creato una situazione di pressing sull’Iran da parte di Ue, Nato e Usa. Coloro che credevano nella necessità di tornare all’accordo nucleare iraniano si sono trovati in una posizione difficile per difendere l’Iran, e hanno perso molto sostegno almeno in Europa.

Mentre per l’Arabia Saudita è ovvio che il paese sta adottando un nuovo approccio strategico basato sull’evitare conflitti diretti e concentrarsi sulla diplomazia e sullo sviluppo interno per la prosperità futura. Soprattutto, ciò richiede stabilità, suggerendo che la situazione nello Yemen rischia di cronicizzarsi. Questi sviluppi indicano anche che sia l’Iran sia l’Arabia Saudita non hanno alcun interesse a mantenere un conflitto aperto, incluso l’Iran che ha bisogno di ridurre i rischi di escalation dai suoi vicini e rendere più difficile per Israele perorare la causa di attacchi diretti contro l’Iran.

L’accordo tra sauditi e iraniani è una perdita per Israele, che negli ultimi anni ha costruito la sua nuova politica estera facendo leva sulla minaccia dell’Iran per allinearsi con i paesi arabi che affrontano la stessa minaccia dall’Iran. Questo riavvicinamento tra Arabia Saudita e Iran potrebbe rendere più difficile per Israele reclutare i paesi del Golfo per la loro campagna, poiché la minaccia condivisa viene gestita direttamente e diplomaticamente. Mentre l’accordo potrebbe non cambiare il livello di rischio per la sicurezza tra Israele e Iran, potrebbe esserci qualche opportunità politica per la riconciliazione nei teatri in cui le due potenze sono in conflitto, tra cui Libano, Siria, Iraq e Yemen.

L’apparizione dei cinesi in questa arena politica è nuova, in quanto hanno tradizionalmente limitato il proprio impegno alla cooperazione economica. Poiché la sicurezza è il fondamento di questo accordo, le persone coinvolte dalla parte cinese erano soprattutto esperti di sicurezza invece che politici o diplomatici. La risposta degli Stati Uniti a questi sviluppi sarà osservata da vicino. Mentre dovrebbero sostenere il risultato, saranno visti con sospetto dato che la Cina è stata il mediatore di un problema di sicurezza e causerà preoccupazione per la perdita del controllo del dominio della sicurezza nella regione e a livello globale.

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