Sul tema della registrazione all’anagrafe delle figlie e dei figli di coppie omogenitoriali, per quanto ci riguarda, di due mamme, sono convinto che Padova e il sottoscritto si muovono nell’ambito delle norme”. Il sindaco Sergio Giordani, a capo di una coalizione di centrosinistra, risponde così alla convocazione da parte del prefetto Raffaele Grassi a proposito della gestione dell’anagrafe comunale in relazione alla controversa applicazione delle norme che riguardano bambini con due genitori dello stesso sesso. Giordani aggiunge: “Su questo sono pronto e disponibile a confrontarmi con la consueta lealtà istituzionale e collaborazione con la prefettura. Si tratta di un tema che non dovrebbe essere piegato a battaglie ideologiche e rispetto al quale nel Paese esiste un serio vuoto normativo. I sindaci sono chiamati ad agire con buon senso per tutelare la dignità delle bambine e dei bambini e i loro diritti fondamentali, evitando così di generare gravi discriminazioni”.

Giordani, quindi, espone una linea pragmatica non difforme da quella del sindaco di Milano Giuseppe Sala o del primo cittadino di Treviso, il leghista Mario Conte. “È chiaro che ci sarà un monitoraggio dell’attività e avrò modo di interloquire con il sindaco Giordani nei prossimi giorni per capire come si regoli con l’osservanza della sentenza – spiega il prefetto Grassi – Così come sarà monitorata tutta la provincia, è la normale attività di controllo della prefettura”. Non si profila, quindi, una guerra istituzionale, anche perché a tutti i sindaci padovani è stata inviata una copia della circolare del ministero dell’Interno che invita ad applicare la sentenza della Cassazione in materia di riconoscimenti anagrafici per i figli nati con procreazione assistita.

Il sindaco Giordani spiegherà al prefetto, assieme a Francesca Benciolini, assessora ai servizi anagrafici e ai diritti umani, come l’iscrizione riguardante i genitori-mamme non abbia nulla a che vedere (a differenza del Comune di Milano) con la tematica dell’utero in affitto. Un caso simile si verifica a Mira, in provincia di Venezia, dove però la registrazione avviene anche nel caso di due papà. “Dobbiamo sempre pensare ai bambini, al loro bene, non dobbiamo avere dubbi nel dare loro e alle loro famiglie pari opportunità e dignità. – spiega il sindaco Marco Dori – Mi sono messo nei panni di questi genitori e ho capito che è un atto d’amore. Speriamo arrivi presto una norma che copra questo vuoto”.

Il commento di Iryna Shaparava, referente dell’associazione Famiglie Arcobaleno del Veneto: “Fortunatamente la società è molto più avanti dello Stato, ma se ci fossero revoche retroattive di provvedimenti già conclusi, i minori verrebbero privati di uno dei loro genitori dal punto di vista burocratico e ufficiale”. Intervistate dal Corriere del Veneto, due mamme padovane hanno spiegato: “Siamo riuscite a registrare nostro figlio in anagrafe con iscrizione dell’atto di nascita. Siamo state fortunate. Conserviamo, di quella giornata, un bellissimo ricordo, per quella che è stata per noi una bella conquista di civiltà. Tuttavia l’entusiasmo è svanito abbastanza presto, quando ci siamo rese conto che è un certificato volubile. Per non parlare della paura che possa essere rettificato in ogni momento”. Cosa significa da un punto di vista pratico? “Non essere registrato vuol dire non avere diritti sul proprio bambino. Vuol dire che il genitore ‘biologico’ deve autorizzare ogni decisione che prendi. Sei il genitore di quel bambino, lo vai a prendere a scuola, ma hai bisogno della firma della madre. Se sta male e vai in ospedale per stargli accanto, non hai diritto a prendere decisioni mediche, né di essere messo a conoscenza di quello che sta accadendo. Oltre al fatto che devi sperare di andare sempre d’accordo con l’altro genitore, perché in caso contrario, comunque ha la possibilità di decidere legalmente per entrambi”.

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