Come sempre, quando si scatenano fenomeni mediatici come quello delle “borseggiatrici rom”, quando noi attivisti interveniamo denunciando un modo inaccettabile di agire, in modo esplicito o meno, si dice che noi difendiamo i ladri. Per questo bisogna fare un po’ di chiarezza.

In questi giorni, da quando la consigliera comunale Monica Romano ha denunciato come violenza quello che ormai è diventato lo sport preferito di molti ventenni, filmare quelle che loro ritengono borseggiatrici nelle metropolitane di Roma e Milano – scatenando reazioni violente, fisicamente nei passeggeri e verbalmente sui social, catturando migliaia di like e diventando così famosi – il dibattito pubblico si concentra molto sui temi della privacy, della generalizzazione, del razzismo o della disperazione dei derubati. Io invece penso che, se pur importanti, in questo caso questi temi sono secondari, perché c’è un tema primario che riguarda tutta la società ed è molto semplice: la civiltà del nostro Paese.

Siamo in una democrazia occidentale, abbiamo un sistema giudiziario che è la conseguenza del nostro sistema di valori che ci distingue dai paesi “incivili” e non democratici, nei quali spesso pensiamo che dobbiamo andare a esportare la democrazia. I linciaggi, le punizioni fisiche, le umiliazioni e la gogna pubblica di chi commette un crimine, nel nostro Paese, sono un reato – anche abbastanza grave perché sono un reato contro la persona. Questi reati non possono e non devono essere tollerati, giustificati o, peggio, presentati come atti di eroismo. Se invece questo diventa opinione pubblica diffusa e ci aggiungiamo la speculazione politica, allora tanto vale guardarci in faccia e dichiarare apertamente che il sistema di valori che abbiamo condiviso da Beccaria in poi non vale più, e di conseguenza decidiamo senza ipocrisia di iniziare a tagliare le mani a chi ruba o bruciare le borseggiatrici zingare come streghe.

Io invece, che sembra faccia parte della minoranza che la pensa diversamente – non perché sono rom, ma perché mi ritengo un essere civile – continuo a sostenere che le leggi vanno rispettate, che i reati vanno puniti secondo la legge e che se le leggi non vanno bene il Parlamento si deve prendere la responsabilità di cambiarle. I cittadini invece, se non vogliono diventare criminali, non devono farsi giustizia da sé. Ma se lo fanno, e diventano criminali a loro volta, si dovrebbero poter consolare per il fatto di vivere in un Paese civile e democratico dove anche i criminali, che vanno arrestati, hanno il diritto di non subire violenze, umiliazioni e vendette e di poter avere una seconda opportunità, come prevede la nostra Costituzione (art.27).

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