Da una maggioranza che ha fatto della crescita demografica un obiettivo primario ci saremmo aspettati un consolidamento dei legami familiari esistenti in modo da favorire la generazione di giovani italiane e italiani e la creazione di nuove famiglie. Se, come dicono, più figli italiani implicano un’Italia più forte in termini di coesione sociale, economia e identità (qualsiasi cosa tutto ciò significhi), allora questa maggioranza dovrebbe impegnarsi ad aumentare la libertà procreativa e consentire la conseguente instaurazione dei legami familiari. E invece no.

Ingannati dalla retorica meloniana del “Vedremo alla prova dei fatti, anche su diritti civili e aborto, chi mentiva e chi diceva la verità in campagna elettorale su quali fossero le nostre reali intenzioni” (cito dal noto discorso di insediamento), ci eravamo illusi che finalmente, visto che quando in passato si è parlato di diritti civili la destra ha sempre ripetuto che c’erano cose più importanti di cui occuparsi, la nuova maggioranza effettivamente si occupasse di altro e lasciasse in santa pace le famiglie cosiddette “non convenzionali” (che sono tali solo per chi le giudica con disprezzo) o “non tradizionali” (quasi si trattasse di un fenomeno nuovo), già impegnate in ardue battaglie giudiziarie per il pieno riconoscimento giuridico. E invece no.

Da partiti politici che hanno fatto del “diritto di ogni bambino ad avere una mamma e un papà” un autentico mantra (e chi se ne frega se ogni minuto, sui continenti emersi dal globo terraqueo pieno di motovedette italiane in cerca di scafisti, cinque bambini muoiono di fame e decine di genitori preoccupati di dare a quelli sopravvissuti un futuro o magari anche solo una speranza crepano annegati a pochi metri dalle nostre spiagge Bandiera Blu), ci si attenderebbe che i bambini li proteggessero e non certo che li discriminassero in base al modo in cui sono venuti al mondo. E invece no.

La verità è che la preoccupazione della destra-centro per la crescita demografica non è una convinzione sincera ma un artificio retorico per difendere il patriarcato, opprimere le donne e frustrare ogni minima azione verso la parità di genere; che Meloni sui diritti civili ha mentito sapendo benissimo di mentire, confermando quanto già si sapeva ma evidentemente si fatica ancora ad accettare — che non c’è una cosa che quelli della destra dicono che non nasconda una menzogna; che della famiglia a Meloni e ai suoi corifei non interessa nulla se non canalizzare l’odio sociale verso categorie vulnerabili in modo funzionale alla conservazione del potere politico e al rafforzamento del consenso.

Come ha scritto bene l’amico Simone Alliva in un bell’articolo apparso qualche giorno fa su L’Espresso, il governo per voce del prefetto di Milano ha chiesto al sindaco di bloccare la trascrizione degli atti di nascita per le famiglie con due genitori dello stesso sesso. Sul punto è stato già detto quanto necessario: da un giorno all’altro, la condizione giuridica di almeno uno dei due genitori è diventata precaria, creando così famiglie “claudicanti” dal punto di vista giuridico. Penso che ciascuno di noi possa capire cosa significa diventare d’un tratto un nessuno per i propri genitori o per i propri figli e sentirsi dire che l’unica via è affidarsi a un giudice: è esattamente quello che sta succedendo alle famiglie arcobaleno. Possiamo immaginare qualcosa di più aberrante, violento e insensato dell’annullamento di un atto di nascita?

Non voglio entrare nelle questioni giuridiche relative ai figli delle famiglie arcobaleno, avendone già scritto in abbondanza in passato. Mi limito ad osservare che riconoscere unicamente il genitore biologico e disintegrare il legame giuridico con l’altro genitore, quello intenzionale, riflette una posizione esasperatamente biologista che fa della cancellazione della famiglia degli affetti il proprio dogma, qualificando la biologia come superiore alla biografia. Come diceva Stefano Rodotà (ma quanto ci manca?), è “la biologia che cancella la biografia”: in questa prospettiva, uno spermatozoo — aggiungo io — vale più di anni di amore e cura. È un relativismo materialista (sì, proprio quello che la Chiesa progressista di Papa Bergoglio combatte da decenni) che certamente non crea società più coese ma le affonda.

Parte di questo furore punitivo nei confronti delle famiglie arcobaleno viene da una vera e propria ossessione per la maternità surrogata (o gestazione per altri, GPA) che ormai caratterizza ogni dibattito sul tema dei diritti civili, a destra come (purtroppo) a sinistra. È notizia di qualche giorno fa la bocciatura, nella Commissione politiche europee del Senato, del Regolamento UE sul certificato di filiazione (per il testo del Regolamento in inglese si veda qui). Si legge il solito “No alla maternità surrogata e all’utero in affitto. La risoluzione ribadisce la nostra netta contrarietà a queste pratiche inaccettabili”, rivendicano i senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri e Pierantonio Zanettin. Peccato che il certificato valga solo se proviene da uno Stato membro dell’Ue, che la GPA sia attualmente vietata in tutti gli Stati membri, e che esista sempre la clausola di ordine pubblico che consente al giudice, eventualmente e a certe condizioni (ci mancherebbe altro!) di rifiutare il riconoscimento del legame stabilito all’estero.

Tutta fuffa retorica, dunque, ma con ricadute orribili sulla vita di migliaia di famiglie. Che questo governo e la maggioranza che lo sostiene tentino di coagulare consenso attorno alle dolorose ferite inferte alle famiglie arcobaleno è indecente quanto le bugie che raccontano in modo quasi patologico, mascherandole da un sentimento di preoccupazione che sarebbe legittimo e sincero solo se non queste bugie non portassero, come invece in effetti fanno, a una pericolosa regressione culturale e sociale.

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