Giornata drammatica sui mercati e notte che si preannuncia lunga e frenetica. Lo spettro di un fallimento del colosso Credit Suisse fa sembrare piccola cosa la bancarotta della californiana Silicon Valley Bank di pochi giorni fa. L’istituto svizzero è arrivato a perdere sulla borsa di Zurigo oltre 30%, sfondando al ribasso la soglia dei due franchi ad azione, per chiudere la seduta con un -24%. Le vendite sono iniziate a metà mattina dopo che i principali azionisti sauditi della banca hanno escluso di essere disponibili a versare altro denaro nell’istituto. I credit default swap (prodotti che consentono di assicurarsi contro il fallimento ma spesso usati a scopi puramente speculativi) su Credit Suisse si stanno avvicinando alla soglia critica dei mille punti, che indica un serio pericolo per la continuità aziendale del gruppo. In particolare i certificati a un anno si sono portati a 835,9 punti base, secondo la piattaforma Cmaq, sui massimi di sempre, e valgono 18 volte gli analoghi titoli derivati della rivale Ubs e circa 9 volte quelli di Deutsche Bank. I bond in dollari emessi dalla banca svizzera con scadenza 2026 sono in caduta libera, scambiati al 68% del valore nominale.

Nel tardo pomeriggio Credit Suisse ha chiesto alla banca centrale svizzera di pronunciarsi su un’eventuale disponibilità ad intervenire per sostenere l’istituto. La Bns ha risposto in serata con un comunicato in cui rivendica la buona salute delle banche elvetiche ma si dice pronta a immettere liquidità in Credit Suisse se necessario: “Non vi sono indicazioni – si legge – di rischio diretto di contagio per gli istituti svizzeri a causa dell’attuale turbolenza nel settore bancario statunitense. La regolamentazione in Svizzera impone a tutte le banche di mantenere riserve di capitale e di liquidità adeguate o superare i requisiti minimi degli standard di Basilea. Inoltre, sistematicamente le banche importanti devono soddisfare requisiti patrimoniali e di liquidità più elevati […] La BNS fornirà liquidità alla banca che è attiva globalmente, se necessario”. Secondo alcune indiscrezioni il governo svizzero avrebbe ricevuto sollecitazioni da altri stati europei per intervenire in sostegno dell’istituto di credito. Intanto la Banca centrale europea ha iniziato a contattare le banche europee per avere chiarimenti sul tipo e sull’entità dell’esposizione finanziaria nei confronti del gruppo elvetico. La richiesta riguarda anche gli istituti italiani sotto la vigilanza di Francoforte. Il Tesoro statunitense ha fatto sapere di “stare monitorando la situazione della banca svizzera ed è in contatto con le altre autorità e ad informarsi sull’esposizione degli istituti americani”. In serata l’amministratore delegato Ulrich Körner ha ribadito che Credit Suisse è una banca solida.

Il crollo di Credit Suisse ha trascinato al ribasso tutti i mercati. L’altro colosso elvetico, Ubs, ha perso l’8,5%. L’indice settoriale delle banche europee arretra di quasi il 6%. A Parigi Bnp Paribas ha perso il 10%, la rivale Société Générale oltre il 12%. A Francoforte Commerzbank ha accusato un calo di quasi il 9% mentre Deutsche Bank ha segnato un meno 9,6%. Le spagnole Santander e Bbva hanno perso rispettivamente il 5,7% e il 10%. Male anche le banche italiane. Sul listino di piazza Affari (- 4,6%), Intesa Sanpaolo ha ceduto il 6,9% mentre Unicredit il 9%. Banco Bpm ha lasciato sul terreno il 7,1%, Mps il 10%. Intanto a Wall Street, First Republic affonda del 20% dopo che l’agenzia di rating Standard&Poor’s ha ridotto il suo giudizio sull’istituto. Riteniamo che il rischio” di fuga dei depositi sia “elevato”, si legge nella nota.

“Ulteriori chiusure di banche non sono da escludere“, scrive Larry Fink, l’amministratore delegato del colosso BlackRock, nella lettera agli investitori nella quale spiega che il fallimento di Silicon Valley bank è un esempio del “prezzo che stiamo pagando per decenni di denaro facile”. “Il problema è che Credit Suisse è, in base a molti standard, ‘too big to fail'”, troppo grande per fallire, “ma anche ‘too big to be saved’“, troppo grande per essere salvata, afferma il popolare economista Nouriel Roubini. “Le banche italiane sono solide. Le regole del nostro sistema bancario sono diverse da quello americano”. Così il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

In calo i rendimenti dei titoli di Stato, con investitori che si spostano in massa su asset più sicuri. Quelli dei bond tedeschi in misura più decisa risetto agli italiani italiani. Lo spread tra Btp e Bund si allarga quindi a 199 punti, con il tasso del decennale italiano al 4,09%. Un bund tedesco paga invece il 2,1%. L’euro scivola del 2% nel cambio con il dollaro. Petrolio in forte calo, il brent, greggio di riferimento per i mercati europei, perde il 6,2% a 72,5 dollari al barile. L’oro sale a 1919 dollari l’oncia. Domani è in programma la riunione della Banca centrale europea che dovrà decidere se continuare o sospendere il percorso di rialzo dei tassi. Tra i fattori da tenere in considerazione anche lo stato dei mercati e delle banche, in particolare dopo che la vicenda Svb ha messo in luce lo stress provocato sui bilanci degli istituti di credito che hanno in portafogli ingenti quantità di bond. La Bce sarebbe comunque orientata a confermare il rialzo di mezzo punto percentuale.

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