La riforma del reddito di cittadinanza cambia poco per i non occupabili. Questo strumento si conferma essere fondamentale come contrasto alla povertà. C’era da fare un lavoro sulle politiche attive e mi sembra che su questo il governo stia andando nella giusta direzione. Abbiamo tanti inattivi e abbiamo progetti di inclusione che spesso non vengono svolti da Comuni e centri per l’impiego, qui mi sembra che ci sia una spinta molto forte in questa direzione”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di 24 Mattino, su Radio24, dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, a proposito della riforma del reddito di cittadinanza prospettata dal governo Meloni.

Tuttavia, sulle tante famiglie che perderanno il reddito di cittadinanza in base alle nuove indicazioni del governo, Tridico avverte: “‘Il reddito minimo è una misura prevista dall’Unione Europea. Tutti coloro che stanno al di sotto di una certa soglia devono avere un reddito, quindi l’Italia dovrà fare i conti con le direttive della Commissione Europea sul reddito minimo. Se chi perde il lavoro e non riesce a trovarlo, perde anche il reddito di cittadinanza mi sembra una grande criticità“.

Il presidente dell’Inps si sofferma poi sull’attuale mercato del lavoro italiano e sulle pensioni future: “In Italia abbiamo basse retribuzioni che vuol dire basse pensioni. Oggi nel sistema contributivo questo nesso è ancora più indissolubile. C’è molto da fare da una parte sulla stabilità del lavoro e dall’altra sulla qualità del lavoro soprattutto attraverso i salari. Quindi, ci deve essere uno sforzo di tutte le parti in causa, dalle organizzazioni sindacali al governo. Dopodiché, lo insegniamo ai ragazzi dal primo anno di università: la domanda di lavoro cresce se crescono gli investimenti. Non ci può essere solo un effetto composizione – spiega – all’interno del mercato, ma bisogna far crescere il numero di posti vacanti. In questo momento crescono gli occupati fissi grazie al Decreto Dignità. Era stato sospeso durante la pandemia e ha ripreso a essere efficace dall’ottobre scorso. Il Decreto Dignità prevede delle causali per assumere a tempo determinato. E quindi se le aziende non le hanno, assumono a tempo indeterminato, che è poi la regola prevista dalla Ue come forma di lavoro prioritario”.

Tridico si pronuncia con toni preoccupati sull’occupazione dei giovani laureati: “Ci sono centinaia di migliaia di ragazzi laureati che vanno all’estero e ci dovremmo chiedere perché. Da noi c’è il paradosso di avere un alto numero di posti vacanti e tanti giovani che vanno all’estero. La realtà è che sono attratti da migliori condizioni lavorative e retributive. Un milione e mezzo di giovani negli ultimi due decenni sono andati all’estero, non solo dal Sud ma anche dal Nord Italia. Dovremmo invece cercare di attrarli quanto più possibile nel nostro sistema. Nel nostro paese – prosegue – c’è una questione salariale e il salario è determinante per l’offerta di lavoro, lo insegniamo a scuola ai ragazzi. I salari medi in Italia negli ultimi 30 anni sono diminuiti del 2,9%, nonostante ci sia stata una crescita della produttività del 10-12%. Bisogna alzare i salari. Ricordo che ci sono contratti collettivi non rinnovati da 7-8 anni, mi sembra davvero esagerato. E poi bisognerebbe introdurre un salario minimo legale. Gli strumenti ci sono, bisogna solo decidere”.

Finale riflessione di Tridico sulle intenzioni del governo Meloni in merito alla riforma delle pensioni: “Qui bisognerebbe stare più attenti e più cauti. Noi abbiamo un rapporto tra popolazione attiva e occupati che si sta rimpicciolendo: oggi è di 1,4 ma rischia di diventare 1 a 1 con questo trend demografico. Questa è la principale gravosità del sistema pensionistico, ovvero la riduzione della popolazione attiva e quindi dei lavoratori. Negli ultimi 4 anni abbiamo perso 800mila residenti attivi e quest è un grave danno. Ogni volta che si pensa di riformare o di anticipare attraverso le varie “quote”, bisogna sempre stare attenti a non peggiorare questo rapporto”.

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