Un playout salvezza incrociato, avvelenato come solo sui campi di provincia intrisi di campanilismo e rivalità può capitare. Un rigore decisivo a un quarto d’ora dal termine che condanna una squadra e ne salva un’altra, degli strani festeggiamenti da parte di chi quel penalty lo ha commesso. E poi ancora sospetti, frasi carpite a bordo campo e subito smentite, presunte confessioni sui social tra il serio e il faceto. E alla fine un verdetto, che stronca la carriera a tre ragazzini: sì, secondo i giudici la partita era truccata. Quei giovani calciatori si beccano addirittura quattro anni di squalifica, come i peggiori criminali. Praticamente non giocheranno più a pallone.

È la storia poco edificante e senza lieto fine di Zambra-Montignoso, gara del campionato Giovanissimi regionale Under 15, disputata lo scorso 15 maggio e valevole per il girone playout, diventata cronaca giudiziaria per un illecito sportivo accertato dalla Corte federale d’appello e negato dai diretti interessati. Match deciso, secondo la sentenza, da un rigore provocato apposta dagli ospiti, che erano già matematicamente salvi, a scapito della Floria Grassina Belmonte, nota società fiorentina che è retrocessa a causa di quel risultato e ha presentato l’esposto da cui è nato il processo.

Bisogna ricostruire gli attimi concitati di quella domenica. Floria-Sporting Arno e Zambra-Montignoso sono i playout per la permanenza nel campionato regionale: l’Arno è già retrocesso, alla Floria basta non perdere, l’altro match è quasi a uno spareggio. Le partite si giocano in contemporanea, ma non proprio: a Cascina, dove gioca lo Zambra, si parte con un quarto d’ora di ritardo, circostanza che alimenterà i sospetti. La Floria incredibilmente fa harakiri in casa, perdendo 2-1, e quindi rimane appesa al risultato dell’altro campo, dove al 28esimo del secondo tempo succede il fatto incriminato: a risultato acquisito della Floria, viene concesso un rigore per un’ingenua trattenuta al limite dell’area, che vale l’1-0 e la salvezza del Montignoso.

Subito si scatenano le accuse: la Floria denuncia alla Procura che l’allenatore dello Zambra, Federico Viviani, avrebbe invitato la sua squadra a lasciar segnare gli avversari, mentre due giocatori avrebbero festeggiato il penalty, a riprova della combine. Di tutto questo non c’è traccia nel referto dell’arbitro, che non ha segnalato alcuna anomalia. In un video dagli spalti si nota in effetti un abbraccio fra i due calciatori, ma ce ne sono altri che protestano. L’elemento più concreto è un audio tratto da una chat su Instagram in cui Alessandro Vitaggio, tesserato del Montignoso, racconta a un calciatore della Floria che lo Zambra avrebbe regalato loro la vittoria, riportando pure il segnale dato dal loro allenatore: “Ragazzi, è ora il momento”. Conversazione che è finita agli atti del processo, ed è stata giustificata a posteriori come uno scherzo fra ragazzi.

In primo grado i giudici avevano archiviato tutto: non si può imputare un reato così grave (l’illecito sportivo, il peggiore che ci sia in ambito calcistico) sulla base di meri indizi. Il verdetto è stato ribaltato in appello: la corte ha ritenuto che l’audio di Vitaggio fosse una vera e propria confessione, in grado di dare una spiegazione a tutte le stranezze della vicenda (il ritardo ingiustificato nell’inizio della gara, il fallo scomposto, le esultanze). Risultato: quattro punti di penalizzazione allo Zambra, un anno di inibizione a Vitaggio per omessa denuncia, ma soprattutto quattro anni a Christian Zaccagnini, Simone Bertolini e Gabriele Ribechini, i tre giocatori delle giovanili dello Zambra coinvolti nell’episodio, più il mister.

Al di là di come sia andata – che si tratti di un enorme equivoco o di un errore commesso da quattro adolescenti che non hanno capito la gravità della vicenda – resta l’enormità della pena: squalificare per quattro anni un ragazzino significa di fatto stroncargli la carriera, farlo smettere di giocare a pallone, quando ci sono esempi illustri di giocatori coinvolti in scandali di calcioscommesse ben più gravi di un episodio isolato, che se la sono cavati con sanzioni inferiori (dal famoso Masiello in giù). Il problema è che quattro anni sono la sanzione minima prevista oggi dal codice di giustizia sportiva, i giudici d’appello non hanno voluto riconoscere nemmeno l’attenuante della giovane età. Proprio per questo lo Zambra, che ha sempre negato ogni addebito, continuerà la sua battaglia: “Lo faremo non solo per tutelare il nome della nostra società, ma anche e soprattutto per il futuro di questi ragazzi”, commenta Cristiano Cavallini, direttore del club. “È una vicenda assurda, sono tutti castelli in aria: non si può distruggere la carriera di quattro adolescenti per un capriccio”.

Twitter: @lVendemiale

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