Quasi otto anni fa la figlia fuggì dall’Italia per andare a combattere con l’Isis e per questo fu condannata a quattro anni di reclusione, con l’accusa di terrorismo. Al padre, marocchino, operaio specializzato, residente ad Arzergrande in provincia di Padova, è stata adesso negata la concessione della cittadinanza italiana proprio a causa del comportamento di Merien, che nel 2015, all’età di 19 anni, andò in Siria per aderire allo Stato Islamico. Redouane Rehaily, 50 anni, ha altri quattro figli e vive da molti anni in Italia, dove, grazie a un lavoro regolare, si è comprato una casa accendendo un mutuo. L’uomo ha ricevuto il diniego alla concessione della cittadinanza “sulla base di elementi che non consentirebbero di escludere possibili pericoli per la sicurezza della Repubblica”. È questo l’elemento decisivo che ha indotto il Tar del Lazio a respingere il ricorso contro il diniego da parte del Ministero dell’Interno al riconoscimento della cittadinanza. Intervistato dai giornali locali, Redouane ha dichiarato: “Ma io non ho fatto niente. Ho sempre collaborato con i carabinieri, sono una brava persona e un onesto lavoratore. Questa è davvero un’ingiustizia”.

Per l’ordinamento italiano è in possesso di una Carta di soggiorno illimitata, rilasciata nel 2012, proprio perché titolare di un contratto di lavoro in un’azienda padovana, nonché padre di famiglia e proprietario di una casa. Ambisce però ad avere la piena titolarità italiana che gli permetterebbe di godere di alcuni diritti come l’iscrizione alle liste elettorali e la possibilità di muoversi senza restrizioni nel territorio della Comunità europea. Nella sua qualità di “lungosoggiornante” è invece a rischio di espulsione dall’Italia, nel caso di revoca per gravi reati. La fuga di Meriem dall’Italia risale al luglio 2015. La studentessa frequentava una scuola superiore a Piove di Sacco, ma decise di abbracciare la causa dell’Isis. Le sue tracce si erano perse per tre anni. Era ricomparsa nel 2018 in una tendopoli a Roj, nel nordest della Siria, dove i servizi di sicurezza curdi tenevano in custodia le mogli dei miliziani del Califfato. In quell’arco di tempo si era sposata con un palestinese a Raqqa e aveva avuto due figlie.

Nel 2017 il padre ha chiesto al ministero la cittadinanza italiana. Il rifiuto porta la data del 15 febbraio 2022. I suoi avvocati, Dario Suriano e Giada Erminia De Paola, hanno presentato ricorso al Tar. “La vicenda del ricorrente non ha nulla a che vedere con quella della figlia. Redouane Rehaily non ha mai avuto contatti con lei, se non per informarsi sulle sue condizioni di salute e per convincerla a rientrare in Italia, abbandonando le milizie dell’Isis ed i propositi terroristici”. I due legali hanno sostenuto che il diniego da parte del ministero è avvenuto “senza alcun approfondimento istruttorio e senza la previa instaurazione di alcun contraddittorio”, soltanto sulla base di un “sospetto di pericolo per la sicurezza nazionale”. I giudici però hanno respinto il ricorso. Rehaily ha commentato: “Non mi arrendo, perché so che non ho fatto niente di male e ricorrerò al Consiglio di Stato. Il titolare dell’azienda per cui lavoro ha firmato numerosi attestati di stima nei miei confronti. Anche i carabinieri di Piove di Sacco e Codevigo sanno che sono una brava persona. Se mia figlia ha sbagliato, non posso pagare io”.

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