La decisione della Procura di Bergamo rappresenta un primo passo verso una giustizia che non si fa intimidire da un potere politico che con le sue scelte, o meglio, con le sue mancate scelte si è reso corresponsabile, insieme al virus, di alcune migliaia di morti altrimenti evitabili.

Per mesi abbiamo assistito ad un vergognoso scaricabarile, oggi abbiamo la conferma che sia il governo che la regione Lombardia avevano la possibilità d’istituire, ognuno di propria iniziativa, la zona rossa nella bergamasca in base a quanto previsto del decreto del 23 febbraio 2020 e dall’ordinanza firmata nella medesima giornata congiuntamente dal ministro della Salute e dal presidente della regione, come ampiamente da me documentato nel libro Senza Respiro. Un’inchiesta indipendente sulla pandemia Coronavirus, in Lombardia, Italia, Europa ed. Altreconomia, ottobre 2020, Prefazione di Luiz Inàcio Lula da Silva, presidente del Brasile.

Il libro, consegnato alla Procura della Repubblica di Milano il 13 novembre 2020 e pubblicato in piena pandemia, è frutto dell’inchiesta da me condotta in collaborazione con Cora Ranci e Alice Finardi, con la storica trasmissione “37e2” su Radio Popolare. Fu proprio dalle centinaia di testimonianze e denunce degli ascoltatori, raccolte nei mesi più drammatici della esplosione della pandemia nella Val Seriana, nel Bergamasco, in Lombardia e in tutta Italia, che emersero indicazioni nette per la individuazione di precise responsabilità e gravi inadempienze a tutti i livelli, sanitari, istituzionali e politici. Di fatto il volume contiene, con trenta mesi d’anticipo sulla conclusione dell’inchiesta giudiziaria, non solo una durissima e circostanziata requisitoria sui responsabili della nefasta gestione della pandemia, ma anche indicazioni per una gestione alternativa della sanità, nel rispetto del diritto alla salute di tutti e contro le privatizzazioni selvagge.

Il mancato aggiornamento del Piano Pandemico, l’assenza di un efficiente sistema di alert che avrebbe permesso di anticipare di settimane la scoperta della presenza del virus in Lombardia, Piemonte e Liguria, il mancato approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale che ha provocato la morte di molti medici, hanno vanificato la “Finestra di opportunità”: come l’Oms ha definito il tempo tra la scoperta del virus in Cina e la sua comparsa in Europa. Nella bergamasca la mancata istituzione della zona rossa e la riapertura repentina dell’ospedale di Alzano hanno ulteriormente amplificato la diffusione del virus. I camion che il 18 marzo 2020 sfilano per le strade di Bergamo sono il simbolo del fallimento di un Paese dove il profitto e l’interesse economico, esplicitamente invocato da ampi e forti settori industriali, hanno prevalso sulla salute collettiva.

Abbiamo regalato all’Europa il maggior focolaio continentale e stiamo ancora pagando un prezzo altissimo; infatti, se la Lombardia fosse una nazione indipendente, sarebbe al quinto posto nel mondo come decessi da Covid in relazione alla popolazione: 455 ogni 100.000 abitanti. Una cifra spaventosa. Nella primavera del 2020 varie associazioni avevano raccolto oltre 100.000 firme per chiedere al governo di Commissariare la sanità lombarda, nessuno ci rispose.

La Procura di Bergamo ha indagato anche numerosi tecnici sollevando un altro enorme interrogativo: quanto gli scienziati collocati ai vertici delle istituzioni sanitarie hanno agito in scienza e coscienza e quanto si sono resi disponibili a fungere da paravento alle decisioni delle autorità politiche?

La parola torna ora alla società civile, ai comitati dei familiari, alle associazioni perché mantengano alta l’attenzione per impedire che la politica si autoassolva e che, come spesso è accaduto in Italia, per altre e diverse stragi, tutto finisca nel nulla, nell’oblio del tempo.

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