Nel buio e nella burrasca, sul barcone scosso dalle onde alte metri, aveva riconosciuto la terra: “Amore, vedo le coste, stiamo quasi arrivando. Ti amo”. Sono le 4 del mattino di domenica quando la giovane tunisina chiama il marito, siriano, per annunciargli, felice, che sta quasi per arrivare a Crotone. Lui, al telefono in Germania, è molto contento. Finalmente si rivedranno dopo anni. Ma poi cade la linea e il telefono si spegnerà per sempre. Il marito, ignaro di tutto, inizia a guardare la tv e scopre che c’è stato un naufragio proprio a Crotone. Così prende il primo aereo e dalla Germania si precipita a Crotone. Qui si presenta al Cara di Capo Rizzuto e chiede della moglie tunisina. Darà il nome e il cognome ma non è tra i superstiti presenti. La moglie risulta tra i dispersi del naufragio. Poi la terribile notizia: la moglie è tra le 62 vittime del naufragio. Al marito, siriano, cade il mondo addosso. A raccontare all’agenzia Adnkronos questa storia drammatica è Ignazio Mangione, direttore del Cara di Isola di Capo Rizzuto che ha raccolto la testimonianza dell’uomo.

“E’ stato davvero straziante – racconta Mangione – dire a quell’uomo che la moglie non era presente e che risultava prima tra i dispersi e poi tra le vittime”. “Raccogliendo le testimonianze dei superstiti è risultato che tra le vittime c’era una giovane tunisina, poi è arrivato un uomo siriano alla ricerca della moglie. Era stato all’ospedale. Noi gli abbiamo chiesto come si chiamasse la moglie e, purtroppo, i dati corrispondevano. Così con l’aiuto di una psicologa gli abbiamo detto che la moglie era tra i dispersi”, racconta ancora Mangione all’Adnkronos. “Ancora ricordo il suo volto quando gli abbiamo detto che era tra i dispersi, lui ci guardava sorridente perché pensava che gli stessimo dicendo che l’avevamo trovata. Invece gli abbiamo dovuto dire che la moglie era morta nel naufragio”. Il siriano, disperato, si trova adesso al palasport per il riconoscimento ufficiale del corpo della moglie.

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