Alta tensione nella maggioranza, nel giorno in cui il governo di Giorgia Meloni perde un suo componente. Augusta Montaruli, deputata di Fratelli d’Italia e sottosegretaria all’Università, ha lasciato l’incarico di governo dopo essere stata condannata in via definitiva per peculato. La Cassazione, infatti, ha messo il bollo sulla sentenza che condanna la parlamentare a un anno e sei mesi per peculato in uno dei filoni della “Rimborsopoli” piemontese, il processo sull’uso improprio dei fondi dei gruppi in Consiglio regionale durante il mandato 2010-2014. Le dimissioni di Montaruli sono arrivate nel day after della pronuncia della Suprema corte, quando ormai l’intera opposizione aveva cominciato a chiedere il passo indietro.

Ma ad esporsi evocando le dimissioni della sottosegretaria era anche un esponente della maggioranza, Giorgio Mulè. “Il caso Montaruli? Lei o il suo partito devono trarre le conseguenze e capire cosa fare, nel suo caso c’è una condanna definitiva, si deve valutare se mette in imbarazzo il governo“, aveva detto in mattinata il vicepresidente della Camera, ospite di Rainews24. Il berlusconiano aveva sottolineato che l’eventuale passo indietro era “una decisione che deve prendere lei insieme al suo partito”. Parole che hanno provocato la reazione furiosa di Fdi. “Mulè pensava di metterci in difficoltà con le sue provocazioni: ha preso uno schiaffo morale dalla Montaruli la cui impronta gli manterrà la faccia ben più rossa di quanto rubiconda già sia. Che provocatorie insinuazioni vengano da un personaggio come Mulè, che di pregiudicati eccellenti nel suo partito ne vanta più di uno, è intollerabile”, hanno fatto trapelare quelle che le agenzie di stampa definiscono fonti autorevoli di Fratelli d’Italia. Le stesse fonti sottolineavano come le parole di Mulè avessero creato non poco subbuglio in ambienti parlamentari, visto che “anche Berlusconi è un condannato in via definitiva e ciò nonostante resta il deus ex machina degli azzurri”, viene spiegato. Senza contare, facevano sapere dal partito di Meloni, che la vicenda Rimborsopoli in Piemonte ha toccato punti drammatici con il suicidio dell’ex assessore regionale Angelo Burzi, tra i fondatori di Forza Italia nella Regione. Un caso, quello del suicidio di Burzi, dopo la condanna definitiva per le Spese pazze in Regione, citato implicitamente anche da Montaruli nelle sue dichiarazioni sulle dimissioni.

E in effetti anche dai ranghi di Forza Italia si sono espressi a favore dell’ormai ex sottosegretaria. “L’uso politico della giustizia colpisce ancora. Trovo sorprendente la condanna di Augusta Montaruli ma, purtroppo, così vanno le cose in questo nostro Paese. Altro che commissione d’inchiesta, ci vorrebbe ben di più per impedire un uso discutibile degli strumenti giudiziari. Voglio esprimere amicizia e stima ad Augusta Montaruli, il cui impegno politico ho apprezzato fin dagli anni in cui, giovanissima, ha, con coraggio, sostenuto buone cause e sani principi”, aveva fatto sapere Maurizio Gasparri. Una posizione molto lontana da quella di Mulè, che per questo è entrato nel mirino di Fdi. “Leggo su tutte le agenzie di stampa frasi che mi riguardano con il ricorso a espressioni gravi e grevi attribuite a ‘fonti autorevoli di Fratelli d’Italia. Non c’è risposta alcuna da dare per il semplice fatto che tutta la costruzione delle invettive anonime si basa su fatti mai avvenuti”, è la controreplica del vicepresidente della Camera. “Poiché ritengo impossibile che queste espressioni siano da attribuire a fonti autorevoli mi vedo costretto a sollecitare gli autorevoli esponenti di Fratelli d’Italia a prendere immediatamente le distanze da queste gravissime, velenose e calunniose affermazioni al limite della minaccia”, prosegue Mulè. Che poi aggiunge: “Ove ciò non avvenisse – ma lo escludo – mi appello ai giornalisti affinché rivelino l’identità di queste fonti autorevoli facendole uscire da un anonimato che sa solo di viltà”. Una posizione che evidentemte sembra annunciare una coda della polemica. E che, sommata alle frizioni sul Superbonus, dimostra come la maggioranza sia tutt’altro che coesa.

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