Nonostante le destre, in prima fila quella italiana, arriva il via libera definitivo del Parlamento europeo all’accordo, raggiunto con il Consiglio dell’Unione europea lo scorso novembre, sullo stop ai veicoli inquinanti (a benzina e diesel) di nuova immatricolazione, a partire dal 2035. Si punta a ridurre le emissioni di anidride carbonica per nuove auto e i veicoli commerciali leggeri, ossia i furgoni, in linea con gli obiettivi climatici che si è posta l’Ue, ma per la destra italiana si tratta di “uno schiaffo all’automotive e ad altri settori dell’economia”. L’Europa, però, guarda oltre: l’ok definitivo della Plenaria è stato raggiunto con 340 voti favorevoli, 279 contrari e 21 astenuti. La nuova legislazione è parte del pacchetto Fit for 55 e stabilisce un percorso concreto verso l’azzeramento delle emissioni di Co2: se entro il 2030 le emissioni prodotte dalle auto dovranno essere ridotte del 55% e quelle dei furgoni dovranno calare del 50% rispetto ai livelli del 2021, entro il 2035 si punta l’azzeramento. Auto e furgoni non dovranno più produrre alcuna emissione di Co2. Dopo il voto finale in Aula, il Consiglio Ue dovrà approvare formalmente il testo prima della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Un passo fondamentale per non aggravare ulteriormente la crisi legata al cambiamento climatico che, entro il 2035, potrebbe portare a conseguenze devastanti a livello planetario.

Chi ha votato contro – Eppure il testo non è passato a grande maggioranza e ha visto sgretolarsi l’asse tra Socialisti e Popolari, con il Ppe che a sua volta si è diviso (la maggioranza ha votato contro e solo venticinque sono stati i voti a favore). Al suo interno, però, per quanto riguarda l’Italia, la maggioranza di governo non si è spaccata affatto, mostrandosi invece quanto mai unita contro il nuovo regolamento che traghetterà l’Europa verso il raggiungimento dei suoi obiettivi climatici. E questo nonostante la stessa Italia, a novembre scorso, avesse dato il via libera durante la riunione Coreper che mette allo stesso tavolo gli ambasciatori dei 27 Paesi Ue. La delegazione di Forza Italia ha votato compatta per il no e anche Fratelli d’Italia e Lega si sono schierati contro l’approvazione, unica strada per non rendere il piano europeo per la transizione verde mera carta straccia, dato che il settore dei trasporti è responsabile del 30% delle emissioni totali di Co2 in Europa. Ad eccezione di 5 favorevoli e un astenuto, anche i Conservatori e Riformisti (co-guidati da Fdi) hanno votato contro, così come il gruppo Identità e Democrazia. Il nuovo regolamento è passato, così, grazie al sì di Sd (socialisti e democratici), Verdi, delle Sinistre e di gran parte dei liberali di Renew, oltre che dei pochi voti giunti dal Ppe. Netto, invece, l’appoggio della delegazione del Movimento 5 Stelle.

Nuovi step per le nuove regole – La Commissione presenterà entro il 2025 una metodologia per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di Co2 durante l’intero ciclo di vita delle autovetture e dei furgoni venduti in Ue. Entro dicembre 2026, poi, monitorerà il divario tra i valori limite e i dati reali sul consumo di carburante ed energia, presentando una metodologia per adeguare le emissioni dei costruttori e proponendo adeguate misure di follow-up. I costruttori responsabili di piccoli volumi di produzione in un anno solare (da mille a 10mila nuove autovetture o da mille a 22mila nuovi furgoni) potranno ottenere una deroga fino alla fine del 2035, quelli che immatricolano meno di mille nuovi veicoli all’anno continueranno a essere esentati anche dopo il 2035.

Le reazioni della destra italiana, contro lo stop ai nuovi veicoli inquinanti – Nelle reazioni delle destre italiane, la stessa compattezza mostrata nel voto. Secondo gli europarlamentari del Carroccio Marco Campomenosi, capo delegazione Lega, Marco Zanni, presidente gruppo Id e Silvia Sardone, coordinatore Id in Commissione Envi (Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare) “la maggioranza del Parlamento Europeo confeziona oggi uno schiaffo al settore dell’automotive e a categorie fondamentali dell’economia italiana ed europea, per fare al contempo un regalo enorme a Pechino”. Per i leghisti con il voto di oggi “la sinistra e i suoi complici danno il via libera a un provvedimento ideologico che non solo non porterà alcun beneficio concreto per la tutela dell’ambiente, con grandi inquinatori come Cina e India che continuano ad agire indisturbati, ma che non tiene minimamente conto della situazione reale, con costi sociali ed economici pesantissimi per l’Europa e 13 milioni di posti di lavoro a rischio, di cui 120mila solo in Italia”.

Posti di lavoro e dipendenza dalle materie prime – Sulla stessa linea l’eurodeputato di FdI- Ecr Pietro Fiocchi, relatore ombra per l’Ecr del dossier Emissioni di Co2 per automobili e furgoni. “La decisione del Parlamento europeo di vietare i motori a combustione interna costerà all’Europa centinaia di migliaia di posti di lavoro e lascerà un’industria europea vitale pericolosamente dipendente da batterie, materie prime e terre rare di dubbia provenienza e disponibilità” ha detto. Al centro, ancora una volta, il tema delle materie prime. “Diventeremo totalmente dipendenti dai paesi extraeuropei, in particolare dalla Cina, ad esempio per i microchip, il litio e il cobalto” ha aggiunto, ricordando l’impatto ambientale che la domanda di queste materie ha avuto e ha tuttora in alcuni paesi come l’Africa “dove si estraggono importanti materie prime per le auto elettriche”.

Il Movimento 5 Stelle: “Sovranisti sconfitti, in Europa sono irrilevanti” – Duro il commento di Mario Furore, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, nei confronti degli europarlamentari italiani (e non solo) che hanno votato contro. “Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega hanno provato a respingere l’accordo storico, ma il voto del Parlamento europeo dimostra che i sovranisti sono minoranza in Europa” ha detto Furore, mentre l’europarlamentare M5S Maria Angela Danzì ha ricordato la particolare situazione che si vive in quella che è una delle aree più inquinate d’Europa. “Lombardia e Piemonte sono fra le regioni europee più ricche, ma allo stesso tempo quelle con l’aria più irrespirabile. Sono quelle – ha ricordato – in cui gli spostamenti per lavoro si svolgono soprattutto su strada, a causa di un trasporto pubblico insufficiente. E sono quelle in cui si concentra il settore della logistica, con colonne di camion che scorrono tra i capannoni di deposito delle merci e le loro destinazioni nel nord Europa. Secondo i dati europei, nel 2020 in Lombardia si stimano 15.170 morti premature a causa dell’inquinamento. In Italia, ogni anno 80mila persone perdono la vita per colpa dello smog”.

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