In Lombardia Attilio Fontana vince seppur perdendo quasi un milione di voti assoluti. Nel Lazio Francesco Rocca batte il centrosinistra guadagnando, rispetto al 2018, solo 30mila voti. Il centrosinistra perde 500mila voti con Pierfrancesco Majorino candidato e 400mila per la corsa di Alessio D’Amato. Quando l’analisi delle elezioni regionali si sposta dalle percentuali ai voti reali, il quadro che emerge è molto più complesso. Senza dimenticare che l’astensione, quasi senza precedenti, della consultazione ha drogato ogni considerazione in chiave nazionale. “In queste elezioni non ci sono più elettori che hanno votato a destra”, ha dichiarato il politologo Roberto D’Alimonte a La Presse. “Bisogna sempre distinguere tra le percentuali e i numeri assoluti. Oggi in Lombardia e Lazio i partiti di destra hanno preso meno voti di quattro mesi fa, quando si è votato alle politiche. I partiti di centrodestra, oggi, hanno percentuali più alte, ma hanno preso meno voti”.

Cosa è successo a destra: tutti i partiti hanno perso voti tranne Fdi – Il confronto tra le elezioni regionali 2018 e 2023 permette di osservare come la riconferma di Fontana in Lombardia sia avvenuta nonostante abbia perso per strada quasi un milione di voti assoluti: il leghista è infatti passato da 2.793.000 voti a 1.774.000. Cinque anni fa, quando ci si esprimeva in contemporanea anche per le Politiche, andarono alle urne più di 5 milioni di persone (il 70% contro il 41 di questa tornata). Ma resta il fatto che per il presidente uscente la vittoria è avvenuta a scapito di una perdita considerevole di preferenze. L’unica forza politica che ha guadagnato in maniera consistente è Fratelli d’Italia: in Lombardia ha ottenuto ben 534mila voti in più, così come nel Lazio dove ne ha guadagnati 300mila. Al Nord l’emorragia è stata soprattutto della Lega che, proprio come il suo candidato presidente, ha perso in cinque anni circa 1 milione e 100mila preferenze. Un calo che c’è stato anche nel Lazio, dove il Carroccio è andato in rosso di 120mila voti. Non va meglio per Forza Italia che ne ha visti dissolvere rispettivamente 542mila al Nord e 240mila nel Lazio. Certo è che, almeno per gli azzurri, sarebbe potuta andare molto peggio: la corsa di Letizia Moratti, ex vice dello stesso Fontana, e considerata il volto moderato della destra, stando alle previsioni avrebbe dovuto creare problemi a tutta la coalizione. Alla fine si è fermata a 320mila preferenze.

Centrosinistra in crisi ovunque: forti sono nelle città lombarde. Male a Roma centro – Sul fatto che il centrosinistra sia andato male ovunque ci sono pochi dubbi. In Lombardia ha perso 500mila voti e nel Lazio circa 400mila. Senza contare che, se nel primo caso c’erano i voti del M5s a dare man forte, nel secondo ci si aspettava il contributo del Terzo polo per dare maggiore sostegno. Ma nessuno dei due schemi è riuscito ad arginare la perdita di consensi. Il Partito democratico, da solo, ne ha persi rispettivamente 400mila e 200mila. Ecco che allora, le considerazioni del segretario dimissionario Enrico Letta sulla tenuta generale della compagine, traballano quando si fa un confronto con quanto avvenuto cinque anni prima nella stessa competizione. Da osservare, inoltre, che i risultati rilevanti per i dem sono nei grandi centri. In Lombardia, ad esempio, hanno vinto a Milano, Bergamo, Brescia: nel capoluogo di Regione il centrosinistra ha perso comunque 80mila voti, ma è andato peggio il centrodestra che ne ha persi 110mila. A Brescia i dem, non solo vincono, ma il primo cittadino Emilio Del Bono è anche il recordman assoluto di preferenze alle Regionali con 35.761 voti. A Bergamo il centrosinistra rivince, anche se di pochi punti, ma perde 10mila voti (come il centrodestra). Nel Lazio invece, è interessante notare come la tendenza non è confermata. Nella Capitale, dove governa il dem Roberto Gualtieri, ha vinto la destra: il centrosinistra ha perso 240mila voti, mentre la destra ha avuto un’emorragia più ridotta (50mila preferenze in meno).

Crollo anche del Movimento 5 stelle – Male l’analisi dei voti assoluti anche per il M5s. In Lombardia, dove il Movimento guidato da Giuseppe Conte ha deciso di sostenere il candidato del centrosinistra, sono passati da 974mila a 113mila preferenze. Ovvero da 13 a tre seggi. Un crollo consistente, anche per una forza che alle elezioni locali (regionali e amministrative) non è mai andata forte. La perdita di consensi è ancora più ampia nel Lazio dove sono passati dai 558.752 voti ai 132mila di questa tornata: qui il M5s si è presentato con la propria candidata presidente, ma non è bastato per rianimare l’elettorato. Eppure qui le condizioni avrebbero potuto essere ancora più favorevoli che in Lombardia: la scelta dei dem di andare con Renzi e Calenda, almeno sulla carta, avrebbe dovuto spingere delusi ed elettori M5s a puntare sulla corsa della candidata M5s Donatella Bianchi. Così non è stato. Anzi l’aspirante presidente ha preso 50mila voti in più della lista, segno che l’opzione voto disgiunto ha convinto qualche elettore. E, ad esempio, a Roma città, hanno perso ben 300mila preferenze rispetto a quando la corsa fu per sostenere Roberta Lombardi. Certo, era un’altra epoca e ora sono le prime prove elettorali per il Movimento di Conte, ma resta il fatto che sul territorio preoccupa sempre di più l’assenza di radicamento. E l’analisi dei voti assoluti lo dimostra.

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