Più di due terzi degli italiani, il 68%, ritengono che il ricorso alle intercettazioni non andrebbe limitato. Una quota che sale al 90% se si parla di indagini per mafia e terrorismo e all’81% rispetto alle indagini per corruzione. È il risultato di un sondaggio condotto da Demopolis sui piani di riforma del ministro della Giustizia Carlo Nordio, che si è scagliato più volte contro lo strumento d’indagine, annunciandone un ridimensionamento. Una priorità che non sembra corrispondere a quella degli elettori: solo il 23% ritiene genericamente che la possibilità di intercettare andrebbe ristretta, solo il 9% rispetto ai reati di corruzione, appena il 3% per quelli di mafia.

L’istituto diretto da Pietro Vento ha sondato l’opinione pubblica anche sull’altro aspetto dell’offensiva di Nordio: l’intenzione di limitare la possibilità di pubblicare conversazioni intercettate, anche non più segrete. Pure qui, la maggioranza degli intervistati (58%) ritiene che la pubblicazione dovrebbe restare consentita, seppure “con un divieto” per quanto riguarda “conversazioni relative a persone o fatti non legati al reato“. Il 24% ritiene invece che andrebbe “vietata del tutto per tutelare la privacy”, il 18%, al contrario, che andrebbe “sempre consentita per non porre limiti al diritto di informazione”.

Su quest’ultimo quesito si registrano forti differenze a seconda delle preferenze politiche: i più “garantisti” sono gli elettori della Lega, che per più di un terzo (35%) vorrebbero vietare tout court le pubblicazioni. Percentuale simile (34%) nell’elettorato di Fratelli d’Italia, mentre quello di Forza Italia non è stato sondato. Chi vota Pd invece si esprime solo per il 16% a favore di un divieto totale, e quasi sempre (75%) per la possibilità di pubblicazione con limitazione. Tra gli elettori M5s, il 44% vorrebbe la possibilità di pubblicare tutto, il 51% la pubblicazione con limitazioni e solo il 5% il divieto assoluto.

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