Nuovo stop nelle negoziazioni per rinnovare il contratto nazionale per la vigilanza privata e servizi fiduciari firmato da Cgil e Cisl, che prevede una paga di 5,49 euro lordi l’ora. L’ennesima battuta d’arresto è arrivata dopo che le associazioni datoriali hanno proposto un aumento di soli 110 euro lordi spalmati su 5 anni, spiega Emy Francato, sindacalista Filcams-Cgil Veneto e lavoratore dei servizi di sicurezza, a ilfattoquotidiano.it. Tradotto: un aumento di 30 euro l’anno, cioè neanche 3 euro al mese. “Una presa in giro per tutto il comparto della vigilanza privata”, sintetizza il sindacalista. “Siamo in attesa di una loro convocazione, se non arriva in tempi brevi siamo pronti a continuare la mobilitazione, anche a livello nazionale”, aggiunge Emanuele Ferretti, che segue il tavolo delle trattative per Filcams-Cgil. Nel frattempo è stata lanciata una petizione per sbloccare la situazione, anche se “per ora non c’è alcun segnale di volere riprendere la trattativa”, aggiunge Francato. Un assist arriva però dalla sezione lavoro della Corte di Appello di Milano, che ha condannando l’azienda del trasporto pubblico Atm e un suo subappaltatore nel campo della vigilanza a risarcire per migliaia di euro quattro addetti alla vigilanza pagati per anni 950 euro lordi al mese lavorando 173 ore su turni notturni da oltre 11 ore ciascuno.

Proposte insufficienti – “Con la petizione chiediamo al Ministero dell’Interno e quello del Lavoro di accogliere una delegazione di lavoratori, per poter esprimere le nostre problematiche”, chiarisce Francato. Il tavolo è saltato perché le proposte sono state giudicate “insufficienti rispetto al rinnovo del contratto e anche rispetto all’inflazione”, spiega Ferretti. “Non stiamo chiedendo la luna, ma di rivedere un contratto scaduto da 8 anni”, prosegue. L’ultimo incontro con le associazioni datoriali è stato il 10 gennaio. Le proposte ricevute “non coprono né il mancato adeguamento contrattuale degli ultimi anni, né le previsioni per i prossimi”, aggiunge Ferretti. Non si tiene quindi conto dell’aumento del costo della vita, nettamente superiore a 8 anni fa. Alla questione del salario se ne somma un’altra: “La proposta rivedeva in peggio anche la parte normativa del contratto di lavoro”. Sono gli stessi motivi che nel maggio 2022 avevano portato a uno sciopero di 24 ore, che su base regionale si sta ripetendo in diverse zone d’Italia: a inizio gennaio in Toscana, e se la situazione non migliorerà i lavoratori incroceranno le braccia anche in Lombardia il prossimo febbraio. “È una vertenza complessa”, ammette Ferretti, perché tiene insieme diversi aspetti. Non ultimo quello della sicurezza sul lavoro e delle condizioni in cui vengono svolti i turni: “Di recente ci sono stati diversi assalti a portavalori – ricorda Francato – e noi rischiamo la vita per prendere un salario che spesso non basta per arrivare alla fine del mese”.

Perché non viene rinnovato il contratto – “Ai datori di lavoro conviene non rinnovare il contratto perché i costi per loro così rimangano bassi”, denuncia Ferretti. Gli appalti della vigilanza privata e dei servizi fiduciari presentano come voce di spesa più pesante il costo del lavoro: per questo mantenere basso lo stipendio dei lavoratori vuol dire abbattere i costi. “Anche diverse strutture pubbliche fanno affidamento su questi servizi”, chiarisce il sindacalista. “Quindi indirettamente pure lo Stato risparmia se le paghe sono queste”. Il bilancio è scontato: datori di lavoro e committenti finali ci guadagnano, mentre i lavoratori ci rimettono. “Le stiamo tentando tutte: abbiamo scritto all’attuale ministro del Lavoro, così come ai precedenti, ma nessuno si è preso in carico questa vertenza”, racconta Ferretti. Le associazioni datoriali spiegano che negli ultimi anni hanno dovuto sopportare un aumento dei costi, soprattutto legato alla crescita del prezzo del carburante che rende più oneroso finanziare gli spostamenti. Ad esempio, quelli delle macchine della vigilanza privata per i servizi di ronda. Tuttavia, precisa il sindacalista, “gli stessi aumenti ricadono anche sulla vita di tutti i giorni dei lavoratori”.

Straordinari e pandemia – “Un altro punto critico sono gli straordinari, che sono conseguenza delle paghe basse: sono diventati un espediente fisso per portare a casa qualche soldo in più”, ragiona Ferretti. Se il negoziato riprenderà, dovrà tenere conto anche di questo punto. Con gli straordinari che si fanno regola, però, i turni di lavoro diventano presto insostenibili e soprattutto nei territori dove si possono trovare altri impieghi sono sempre di più le persone che cercano alternative. Spiega Ferretti: “Nel nord Italia non si trovano guardie giurate perché il lavoro è molto faticoso e poco remunerato. Quindi quando una persona ha la possibilità sceglie un altro mestiere”. Per arginare questo esodo, racconta il sindacalista, alcune aziende ricorrono alle strategie di marketing più disparate: “Vengono offerti bonus economici ai dipendenti che portano gli amici a fare le guardie giurate”.

Le trattative si sono interrotte in un momento, secondo Ferretti, di crescita economica per le aziende che gestiscono gli appalti. Con il Covid, infatti, c’è stata una maggiore necessità di controllo di accesso alle strutture pubbliche e private: “La pandemia ha prodotto un aumento del valore di questo settore: gli operatori che controllavano la temperatura e gli ingressi rientrano infatti nel contratto della sicurezza”. Ora la speranza dei sindacati è sedersi nuovamente al tavolo delle trattative al più presto, ma non si sa quando sarà possibile. “Non abbiamo ancora fissato una data anche perché le varie associazioni datoriali non trovavano un accordo sull’offerta da farci”, conclude Ferretti.

La sentenza – Proprio i salari del contratto per la vigilanza privata e dei servizi fiduciari sono stati oggetto di una sentenza d’appello del tribunale di Milano depositata lo scorso 24 gennaio. Pagare gli addetti ai lavori 5 euro lordi l’ora è incostituzionale – spiega la sentenza – anche se su base di un contratto nazionale negoziato dai sindacati. “Il limite della povertà assoluta per una persona fra i 18 e i 59 anni residente in un’area metropolitana del nord Italia” – si legge – “è di 834,66 euro elevata a 1.600 euro mensili nel caso di moglie e due figli a carico in età compresa fra 4 e 10 anni”. Cifre spesso al di sopra di quelle corrisposte a chi è impiegato nella vigilanza privata, settore in cui i lavoratori non ricevono un salario che permette “un’esistenza libera e dignitosa”, né di “far fronte alle esigenze di vita proprie e della famiglia”, chiarisce la sezione lavoro della Corte di Appello milanese. Entrambi principi garantiti dall’articolo 36 della Costituzione. Il caso vede protagonista 4 addetti alla vigilanza della società Ivri che hanno contestato le buste paga ricevute negli anni passati: 950 euro lordi al mese, per un lavoro di 173 ore su turni notturni di 11 ore ciascuno. L’Atm di Milano e una azienda subappaltatrice dovranno quindi risarcire gli addetti e aumentare lo stipendio mensile lordo a 1.218 euro. Secondo il collegio è stato violato “il principio di proporzionalità” della retribuzione. In una nota l’agenzia di trasporti milanese specifica di essere chiamata in causa “in qualità di committente e in tale veste è responsabile in solido con l’appaltatore per i pagamenti da effettuare ai lavoratori”, ma sottolinea di non avere alcuna “responsabilità diretta nel rapporto contrattuale che intercorre tra il datore di lavoro e i lavoratori”. Il tribunale di Milano nel 2022 aveva già emesso una sentenza simile nei confronti di Atm e di un’altra azienda subfornitrice.

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