Serve produrre più armi per continuare a sostenere l’Ucraina e rimpinguare le scorte militari italiane. Così il ministro della Difesa, Guido Crosetto, si schiera su posizioni simili a quelle americane, con il Pentagono che ha annunciato l’aumento di sei volte della produzione di proiettili da 155 millimetri, e in audizione alle commissioni riunite della Difesa della Camera e degli Affari esteri e Difesa del Senato spinge l’industria bellica italiana al fine di evitare carenze nei depositi nazionali che potrebbero compromettere le capacità difensive del Paese.

Escludere gli investimenti sulla Difesa dal Patto di stabilità sarebbe una decisione meramente tecnica e se fosse autorizzata dall’Europa toglierebbe la concorrenza tra tipi di spese – ha dichiarato il politico di Fratelli d’Italia – Anche il ministro Giorgetti ha condiviso questa cosa e l’abbiamo portata sul tavolo dell’Europa così come altri Paesi, perché in un momento come questo nessun Paese è in grado di tagliare gli investimenti sulla Difesa. Anche perché l’aiuto che abbiamo dato in questi mesi all’Ucraina è un aiuto che ci impone di ripristinare le scorte che servono per la Difesa nazionale, per cui le due cose sono collegate”.

Oltre a questo, Crosetto dice di puntare a una nuova stagione per quanto riguarda i modelli di finanziamento al settore della Difesa. Un sistema che, sostiene, deve essere basato “su una legge triennale sull’investimento che accorpi in un’unica manovra i volumi finanziari relativi a tre provvedimenti successivi con una profondità di 17 anni. Tale intervento consentirebbe di supportare efficacemente la posizione nazionale sui tavoli internazionali dei vari programmi cooperativi con possibili ricadute sulle scelte di investimento e occupazionali dell’industria“. Questo perché Difesa, aggiunge, non vuol dire solo mera produzione di armi. Ma si tratta di un’industria che “dovrà diventare una leva ad alto contenuto tecnologico che possa abilitare le Forze Armate ad operare in modo predittivo in tutti i futuri scenari di crisi”.

E sui miglioramenti da apportare, Crosetto mette sul tavolo già alcune idee, anche a breve termine: “L’insegnamento delle lingue estere, il settore Cbrn (protezione in caso di attacchi chimici, ndr), la sanità. Nel medio termine i settori dei sistemi di comunicazione e informatica. Nel lungo termine spazio e cyber. Proprio sul ruolo della Difesa in quest’ultimo campo, essa dovrà farsi promotrice ed essere protagonista di un percorso che porti all’unicità di indirizzo strategico e di policy sia a livello nazionale che nell’ambito delle Organizzazioni internazionali di riferimento. Sullo spazio serve costruire una legge che disciplini la governance dando alla Difesa quanto merita, visto che nel futuro possibile lo spazio potrebbe essere un luogo non soltanto di opportunità tecnologica, ma anche di scontro tra Paesi“.

Guai, aggiunge, a sottostimare l’importanza dello sviluppo nel settore cibernetico, anche perché potrebbe essere proprio quello il campo sul quale si giocheranno i conflitti di un futuro nemmeno troppo lontano: “Il cyber sarà un dominio nel quale ci confronteremo sempre di più – ha detto – Mentre la guerra tradizionale è percepita da tutti come guerra, quella cyber che può fare meno danni, non so perché, è percepita da tutti come qualcosa di meno grave. Un carro armato che supera un confine o un soldato che supera un confine sono cose gravissime, un attacco hacker fatto magari all’Inps viene considerato come una cosa superficiale mentre invece la gravità di un attacco simile che faccia perdere i dati Inps significa scatenare una guerra civile nel giro di due mesi. Si pensi a cosa succederebbe se la gente non si vedesse erogare la pensione per due mesi. La capacità distruttiva sociale di un attacco cyber è potenzialmente più grande di quella di un attacco militare eppure la si percepisce come una cosa meno grave. Occorre una capacità migliore di integrazione, da questo punto di vista, tra tutte le strutture dello Stato e delle capacità della Difesa nei confronti della autorità nazionale cyber”.

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