di Giuseppe Mammana

Invocavano un “Nicola Mettici la firma” i ragazzi e le ragazze del Forum parco delle energie – che comprende al suo interno associazioni, Wwf, università, centri sociali, scienziati e giuristi – ma la firma non è arrivata e le dimissioni anticipate (in data 11 novembre) del Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, infliggono un colpo pesante al percorso di mobilitazione per l’ampliamento del parco dell’Ex Snia Viscosa.

Parliamo dell’ex fabbrica che produceva viscosa, la seta artificiale, localizzato in uno dei quadranti più grandi e inquinati del territorio romano (Pigneto-Prenestino) e che negli anni 90 (dopo la chiusura della fabbrica) venne acquistata da un famoso costruttore (Antonio Pulcini, proprietario della Ponente 1978 s.r.l.) per costruire un parcheggio destinato a servire il più grande centro commerciale di Roma Est. Ma il piano speculativo non va a buon fine: perché sotto quel terreno vi è una falda acquifera (l’acqua bullicante) da cui inizia a fuoriuscire dell’acqua. A questo punto, il costruttore tenta maldestramente di convogliare l’acqua verso il collettore fognario, che però non riesce a reggerla, e così si forma un lago. Nasce così un posto magico, un lago di 10.000 metri quadri, dove la natura si ribella al grigio cemento della città. Ma anche uno scenario dove è possibile ammirare 300 specie botaniche e sessanta tipologie di uccelli considerati “tesori” da tutelare per l’Unione Europea.

Grazie alla mobilitazione e alla tenacia dei cittadini del quartiere, nel 1994 iniziano i primi espropri che si concludono solo nel 2014. Tuttavia, l’esproprio segue un iter molto travagliato – perché circa il 60% dei tredici ettari viene tolto al proprietario e sottoposto al vincolo della tutela naturalistica – mentre il 40% del terreno (dove sorgono i manufatti dell’ex fabbrica di proprietà del gruppo Pulcini) resta preda della speculazione edilizia.

Nel 2020, Zingaretti firma per il riconoscimento dell’area come Monumento naturale ma resta una vittoria parziale: poiché, nonostante i pareri positivi di Roma Natura (l’ente regionale che gestisce i parchi di Roma Capitale), dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e la proposta di delibera comunale (di variante al piano regolatore) del 12 agosto 2021, la Regione continua a tergiversare non procedendo all’allargamento. In tal modo la parte privata, dall’altra parte del parco, continua a manovrare le ruspe, abbattendo diversi pini d’Aleppo e mettendo a repentaglio l’habitat.

Per tutti questi motivi, i cittadini speravano che, prima della fine del suo mandato in Regione, Zingaretti firmasse per l’ampliamento del parco. Ma questa storia racconta anche un’altra faccia del nostro paese e ci porta in quel luogo “nascosto” dove interessi immobiliari, politici vecchi e nuovi si saldano insieme perseguendo le medesime finalità.

Uno degli elementi oscuri di questa vicenda risale al 1992, quando due consiglieri del gruppo Verdi, De Petris e Nieri, scoprono una falsificazione del piano regolatore all’interno dell’area del lago destinata (secondo il piano) ad uno spazio verde. Così cittadini e comitati presentano alla Procura della Repubblica una denuncia. A seguito di questo, il 22 giugno del 1992, un Decreto regionale dispone l’annullamento della concessione edilizia alla Società Ponente 1978 s.r.l.. Il 9 febbraio del 1993, l’ordinanza della VI circoscrizione ordina la demolizione delle opere eseguite in quell’area ma la società non procede e fa ricorso a Tar del Lazio e Consiglio di Stato.

Malgrado i ricorsi vengano respinti (nel 1996 e nel 2007) il proprietario continua ad agire indisturbato con un atteggiamento che si protrae nel tempo. Ed è proprio questo “modus operandi” che continua a distanza di anni a reiterarsi nel tempo: nella battaglia per l’allargamento del monumento naturale, si contrappongono la cittadinanza e le potenti società immobiliari, con la classe politica che spesso, troppo spesso, si schiera a difesa delle rendite immobiliari.

Nonostante la proposta di delibera comunale, del 2021, sottolineasse la necessità di allargare l’area alla parte privata visto il processo di rinaturazione in atto nei ruderi della ex fabbrica, appena un mese fa, fuori dai cancelli della vecchia fabbrica, è apparso un cartello (datato 11 novembre) che autorizza la Società Ponente 1978 srl ad avviare degli interventi grazie al permesso rilasciato dal Dipartimento Urbanistica del Comune di Roma. Una notizia sconcertante, che insieme alla mancata firma, apposta della Regione Lazio, per l’allargamento del monumento rappresenta un grosso smacco a tutta la cittadinanza.

Ma non solo. A meno di un mese dalle Regionali, nel Lazio si delinea un “tacito accordo” fra Regione e Comune in difesa delle rendite immobiliari. In primo luogo per la segretezza dei lavori: in quei giorni i militanti del Forum Parco delle energie partecipavano a dei tavoli tecnici con la Regione Lazio per l’allargamento del monumento naturale eppure nessuno ha avvisato gli attivisti dell’inizio dei lavori in quell’area. In secondo luogo, per la mancanza di coraggio da parte della Giunta Capitolina che poteva opporsi alla ristrutturazione, utilizzando come strumento il parere della sopritendenza capitolina del 2013 che ha dichiarato la zona dei ruderi della fabbrica, “archeologia industriale”.

In terzo luogo, infine, continua ad allarmare l’atteggiamento di ambiguità portato avanti dal Pd del Lazio sul lago dell’Ex Snia che prima, attraverso i suoi rappresentanti regionali, si è rifiutato di allargare il monumento naturale e dopo, attraverso la giunta di Roma Capitale, ha concesso il permesso ai privati (nell’area adiacente il lago) di muovere le ruspe continuando a sbancare la vegetazione. Così, mentre l’assessore Veloccia parla di “restauro nel solco di un originario uso riproduttivo”, la paura è che a pochi passi da un’oasi naturale possa nascere l’ennesimo piano speculativo.

Mentre da un lato il Forum dei cittadini, lo scorso 19 dicembre, ha deciso tramite i suoi legali di diffidare la Regione Lazio, affermando come il mancato ampliamento del lago sia stato “bloccato senza alcuna motivazione scientifica da parte della Direzione Regionale dell’ambiente”, dall’altro lato della “barricata” il “partito del cemento” si compatta e continua a mettere in scena la stessa trama: in difesa degli interessi speculativi, contro la salute pubblica e la difesa dell’ambiente.

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