Uno scrigno di biodiversità a pochi passi dal centro di Roma è ora a rischio a causa di una firma mancata. Il futuro del lago dell’Acqua Bullicante della fabbrica dismessa ex Snia Viscosa è appeso alla penna di Nicola Zingaretti. Manca infatti solo la firma del presidente uscente della Regione Lazio sul decreto per estendere la tutela dell’area – già nominata Monumento Naturale nel 2020 – anche alla parte ancora di proprietà del gruppo edile Pulcini, dove sorgono i resti industriali. L’iter amministrativo è già in corso da due anni, manca però l’atto finale per “mettere in sicurezza questo luogo prezioso da altri progetti speculativi” che già lo hanno interessato in passato. Lo farebbe “anche con l’area dell’ex Snia che ha un grande valore a livello di archeologia industriale”, afferma Sabrina Baldacci del Forum territoriale permanente del Parco delle Energie che cura la zona del lago.

Attivisti e cittadini chiedono da anni il provvedimento. Recentemente hanno promosso sul web anche una petizione: “Nicola mettici la firma!”. Zingaretti però ha chiesto ad Ispra nuove rilevazioni ambientali. In una lettera consegnata dopo l’ultimo incontro con il Forum, il deputato neoeletto – che ha rimandato a data da destinarsi le dimissioni da governatore – afferma che “ad oggi non c’è alcun atto da firmare”. Il timore degli attivisti è che il prossimo cambio di giunta possa vanificare anni di sforzi per proteggere “uno dei cinque casi al mondo di rinaturalizzazione spontanea di un’area, riconosciuto da scienziati ed esperti da tutto il mondo per la sua ricchezza”.

La storia del lago Bullicante ha origine nel 1992. Durante la costruzione di un centro commerciale, inizialmente non previsto nel Piano regolatore dell’epoca, il costruttore Antonio Pulcini, a capo della società edilizia Ponente 1978, ha intercettato una falda acquifera, dando origine a uno specchio d’acqua di circa 1 ettaro. Il legame dei romani con l’area però è più antico. “L’ex Snia Viscosa, in attività dal 1922 al 1954, è stata un pezzo importante dello sviluppo di questa parte di città, con le linee dei tram costruite per collegarla al centro – spiega Baldacci – Ha impiegato fino a 3mila operai ed è stata un presidio delle lotte partigiane” e per l’occupazione femminile. “Sotto il parco c’è uno dei rifugi antiaerei meglio conservati in Italia e anche i resti della fabbrica hanno un grande valore” a livello di archeologia industriale. Il lago poi è ricchissimo di biodiversità ed è uno dei pochi esempi al mondo di rinaturalizzazione spontanea di un’area urbana. “Ad oggi sono state censite ben 300 specie vegetali e 89 specie di uccelli”. Tra queste diversi tipi di pipistrello e il falco pellegrino che nidifica “sulle pareti fabbrica, che hanno assunto le caratteristiche delle pareti calcaree che si trovano sulle coste laziali”. Vicino allo specchio d’acqua si trova però anche il pino d’Aleppo più grande di Roma. Nonostante la contrarierà dei cittadini e delle associazioni della zona, circa il 40% di quest’area, dopo una lunga battaglia giudiziaria, è rimasta proprietà privata e “non fruibile alla collettività”. Questo è diventato il pretesto, secondo il Forum delle energie, per rallentare anche l’estensione delle tutele. “Se il parco diventasse completamente pubblico però sarebbe protetto fino a 300 metri attorno”, quindi anche nell’area della trafficatissima via Prenestina.

La demanializzazione dell’area è stata promessa tante volte, sin da quando nel 2004 l’area del lago è stata espropriata per essere destinata a parco pubblico. Allora l’iter non era andato a buon fine. Anni di lotte però hanno portato nel 2013 alla costituzione del Forum territoriale permanente del Parco delle energie, che gestisce questo spazio naturale, e un anno più tardi alla restituzione del lago Bullicante ai romani. “Sotto il vicesindaco Luigi Neri è stata fatta la cosiddetta breccia di Portonaccio”, un pertugio nel muro diventato l’entrata del lago. Dopo vari incontri con il Comune e la Regione, parte dello specchio d’acqua nel giugno 2020 è finalmente diventato Monumento naturale, con un decreto firmato proprio da Zingaretti. Al termine di un anno di monitoraggio, l’atto “prevedeva l’estensione delle tutele”, se motivate da prove della continuità del processo di rinaturalizzazione dell’ex Snia. Le rilevazioni di Ispra hanno dato esito positivo, ma, a distanza di più di un anno, la seconda firma non è ancora arrivata. L’iter – si legge in una lettera consegnata da dal governatore alla popolazione – non può concludersi a causa di “pareri discordanti dei diversi soggetti preposti”. Al momento, aggiunge, “non c’è alcun atto da firmare”. Le istituzioni contrarie però “non sono esplicitate”, afferma Baldacci, “l’unico ad aver presentato osservazioni contro il progetto per ora è Pulcini. Gli abitanti della zona sono preoccupati dal comportamento del costruttore. Nell’area ancora di sua proprietà “ha tagliato tantissimi alberi”, soggetti a vincoli paesaggistici e archeologici, “ma la polizia e le guardie forestali, chiamate da noi, non hanno fatto nulla”. Le dimissioni imminenti di Zingaretti, eletto il 25 settembre alla Camera dei Deputati, rischiano poi di vanificare una lotta che dura da dieci anni e di distruggere “un paradiso naturale, in una delle zone più inquinate di Roma”.

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