Il 2 marzo 2022 il telescopio robotizzato Samuel Oschin, parte della Zwicky Transient Facility installata presso l’osservatorio del Monte Palomar, non lontano da San Diego, California, è puntato in direzione della costellazione dell’aquila. Viene osservata una debole traccia, con magnitudine luminosa di diciassettesimo grado, in movimento. Non può essere una stella. La loro distanza è tale da non poterne rilevare il moto. Si ha a che fare con un asteroide. L’oggetto stellare presenta traiettoria in avvicinamento al Sole e la sua luminosità aumenta in modo progressivo. Si comporta come una cometa, quindi è una cometa.

Interessante notare che fra i primi a confermare la natura di cometa dell’oggetto c’è Ernesto Guido, astronomo dilettante italiano di Castellammare di Stabia. Bravo davvero.

Poiché la cometa è il terzo oggetto stellare scoperto nel 2022 nel quinto semi-mese (indicati con A, B, C, D, E…), utilizzando il telescopio ZTF, viene battezzata, con poca fantasia, C/2022 E3 (ZTF). C come Cometa, 2022 è l’anno, E il periodo dell’anno, 3 perché terzo oggetto rilevato, ZTF dal nome del dispositivo usato. Chiaro no?

Le comete sono i gatti degli oggetti stellari, il loro comportamento non è mai del tutto prevedibile. Nel caso in esame però, si può affermare che il 13 gennaio 2023 passerà nel punto più vicino al Sole, il perielio, a 1,1 unità astronomiche (1 UA = 149,6 milioni di chilometri), mentre fra il primo e il due di febbraio passerà nel punto più vicino alla terra, il perigeo, a una distanza di circa 0,29 UA (44 milioni di km). 109 volte la distanza fra la Terra e la Luna. Il 13 gennaio, se in Italia, occorre puntare il telescopio a nord-est, nella parte bassa dell’orizzonte, a partire dalle 5:18 del mattino.

Breve digressione. Troppi articoli che parlano di C/2022 E3 (ZTF) dicono che il perielio sarà raggiunto il giorno 12 gennaio 2023 alle 23.18 di sera. Vero, ma parlano di orario EST, quello della costa orientale degli USA. Rispetto al fuso italiano sono 6 ore in meno. Fine della digressione.

Sorgerà fra la costellazione del Boote e quella di Ercole. Se volete vedere la sua traiettoria relativamente ai pianeti del sistema solare e altri dati, vi consiglio questo link.

Il 30 gennaio 2023 la si potrà vedere nelle vicinanze della stella polare, dopo la mezzanotte. Dovrebbe avere raggiunto una luminosità di magnitudo intorno a 7,4 non sufficiente da potere essere osservata a occhio nudo. Si tratta però di una stima prudenziale. Se dovesse continuare ad aumentare la sua luminosità come ha fatto fino a oggi, alla fine del mese potrebbe raggiungere magnitudine 5 o 6. Il che la renderebbe visibile senza binocoli o telescopi, purché la notte sia scura. Accadrà il 21 gennaio, quando inizia la prossima fase lunare.

Comunque, il Virtual Telescope Project ospiterà una diretta di osservazione a partire dalle 5 di mattina del 13 gennaio. Basta collegarsi qui o, in alternativa, qui. Sarà affascinante vederla volare, in diretta, con la sua coda di particelle energizzate, anzi code perché doppia, e la sua chioma verdastra di gas solidi sublimati.

Le comete sono palle di gas ghiacciati, polvere e roccia che orbitano intorno al Sole. Quando si avvicinano alla nostra stella, vengono interessate da dosi crescenti di radiazioni, di energia, che le “sciolgono”, facendo loro rilasciare gas e detriti. Il che forma la loro chioma. Se sono presenti carbonio diatomico e cianogeni la chioma è verdastra. La coda invece è bianca, anche perché la radiazione solare spacca le molecole di carbonio diatomico in carbonio atomico.

Hulk, lasciatemela chiamare così, è una bellezza: luminosa, chioma verde e coda bianca. Sempre che non si frantumi o si disintegri, con grande gioia degli esperti. Con le comete, come già detto, tutto è possibile e se accadesse ci sarebbe così tanto da studiare e imparare…

La sua orbita interessa le regioni più esterne del nostro sistema solare, il che spiega perché abbiamo aspettato più o meno 50mila anni perché ripassasse dalle nostre parti. L’ultima volta è stata vista da Homo Sapiens, in compagnia di superstiti colleghi neandertaliani, durante il paleolitico superiore. Magari affacciati al loro sasso di quella che oggi è Matera. Allora il pianeta era abitato da meno di due milioni di umani. Se si fossero chiesti se mai l’umanità l’avrebbe rivista, avrebbero dato risposta affermativa.

Dovremo salutarla alla fine di aprile 2023. Noi, genere umano, oggi siamo 7,9 miliardi. Ci saremo per vedere il prossimo passaggio?

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